M.D. numero 16, 4 maggio 2005

Focus on
Una deontologia a misura dčEuropa
di Monica Di Sisto

Duecentoventi medici italiani e ottanta stranieri in rappresentanza di 22 nazioni d’Europa sono stati convocati dalla FNOMCeO in Riviera Ligure con un obiettivo ambizioso: tenere a battesimo la Carta di Sanremo, documento che traccia, nelle intenzioni dell’Ordine, le linee guida per un Codice Deontologico Europeo, sui grandi temi etici e professionali della categoria.

La Carta di Sanremo, documento di base per un Codice Deontologico Europeo, in otto punti passa in rassegna temi di stretta attualità quali fecondazione assistita, bioetica, eutanasia, ma anche autonomia dei medici, diritto del malato di curarsi o non curarsi, sicurezza dei pazienti e gestione del rischio clinico, formazione professionale, e altri temi strettamente connessi alla professione che hanno animato il dibattito nel mondo medico.
“Non è un’utopia pensare ad un codice deontologico comune per i medici europei che punti sulla centralità della tutela del paziente, sul rispetto dell’etica, sul ‘contenimento’ delle esigenze dell’economia in materia di salute e sulla autonomia delle scelte del medico”, ha affermato Giuseppe del Barone, presidente della FNOMCeO, presentando l’iniziativa, e aprendo così uno dei filoni più interessanti di lavoro per il rinnovamento del ruolo dell’Ordine nel nostro Paese.

Gli otto punti della Carta di Sanremo


1 La salute - La salute non è una merce, ma un bene multidimensionale. I cittadini di ogni età, sesso, razza, fede religiosa, credenze e condizione sociale, hanno diritto ad avere le migliori cure indispensabili, la migliore assistenza sociale e sanitaria possibile, compatibilmente con le risorse disponibili, e indipendentemente dai modelli di organizzazione sanitaria esistenti nelle loro realtà di vita e di lavoro.

2 Autonomia, indipendenza e responsabilità dei medici – L’autonomia, l’indipendenza, la libertà e la responsabilità del medico, senza collusive compiacenze pubbliche o private e conflitti di interesse sono la condizione irrinunciabile per garantire le cure migliori e prendersi cura delle persone che ne abbiano bisogno. Il medico, nelle sue decisioni, dovrà sempre tener conto in scienza e coscienza delle più aggiornate e provate acquisizioni della ricerca scientifica e rispettare il principio di un’equa distribuzione tra i cittadini delle risorse economiche disponibili, senza che queste raccomandazioni mortifichino la sua dignità umana e professionale.

3 Consenso e libertà di cura dei cittadini - I cittadini hanno il diritto di esprimere liberamente la propria volontà di curarsi o di non curarsi, senza pretendere tuttavia che il medico abbia il dovere di soddisfare comunque richieste di cura che non condivide. Il medico ha altresì il dovere di rispettare il diritto delle persone a essere informate sul loro stato di salute, evitando toni brutalmente veritieri, di informarle sui motivi delle sue proposte di cura e di preoccuparsi che le informazioni fornite risultino comprensibili.

4 I rapporti tra i medici e i cittadini - È auspicabile che il crescente e preoccupante contenzioso amministrativo, rivendicativo e giudiziario, che caratterizza oggi le relazioni tra medici e cittadini - e minaccia la sopravvivenza degli stessi servizi sanitari - ritrovi composizione in una nuova “alleanza terapeutica”, fondata sul rispetto dei diritti e dei doveri reciproci come indispensabile soluzione.

5 La sicurezza dei pazienti - La sicurezza dei pazienti rappresenta un problema in tutti i sistemi sanitari avanzati e complessi, perché la medicina è una professione rischiosa e sono sempre possibili errori umani, tecnologici, organizzativi e gestionali. La gestione del rischio clinico implica la necessità di identificare le cause degli errori nei percorsi clinico-assistenziali dei pazienti, di imparare da essi e intraprendere le azioni correttive necessarie per ridurli al minimo, evitando così che si ripetano in futuro. Da qui anche l’esigenza che il management economico-aziendale delle organizzazioni sanitarie, pubbliche e private, attento soprattutto ai costi dell’offerta, collabori e valorizzi una Clinical Governance che permetta ai sanitari di assumersi la responsabilità diretta della qualità dei servizi, del risk management e del rapporto costo-efficacia delle loro decisioni.

6 Soluzioni alternative alle controversie legali - I medici europei sollecitano i legislatori nazionali ad estendere a tutti i Paesi UE soluzioni alternative al processo dinanzi ai giudici, già assunte in alcuni di essi con successo: Camere di conciliazione arbitrale e Fondi pubblici per l’indennizzo di danni meno gravi. La lentezza della giustizia civile, in alcuni Paesi, nel soddisfare in modo efficace la domanda di tutela giudiziaria di chi si ritenga danneggiato dai medici, i costi della tutela legale e delle assicurazioni e il prolungato danno di immagine del professionista, anche in caso di tardiva sentenza assolutoria, sono all’origine infatti del ricorso alla cosiddetta medicina difensiva, praticata da medici conseguentemente intimoriti di imputazioni, e di un diffuso malessere sociale.

7 La formazione professionale continua - L’incessante rinnovamento delle tecnologie sanitarie, le prospettive di modificazioni demografiche, l’aumento delle malattie croniche e delle fragilità sociali in una società multietnica e multiculturale richiedono ai medici notevoli capacità di adattamento, individuale e di gruppo, e una formazione continua. Quest’ultima deve consistere in un processo di cambiamento globale della persona, che concili lo sviluppo delle conoscenze cliniche con l’adattamento socioculturale a nuove istanze organizzative ed etico sociali, e non nella pedissequa acquisizione obbligatoria di crediti, amministrati dalla burocrazia.

8 Diritto e problemi bioetici - I Codici deontologici dei medici, ispirati alla Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina assieme ai documenti del Consiglio d’Europa, dinanzi alle scelte etiche sempre più inquietanti e difficili che i progressi della scienza pongono ai medici, costituiscono strumenti insostituibili di sostegno e guida per una buona pratica di cura e assistenza. Oggi, in una realtà europea di pluralismo legislativo, si pone il problema se le norme giuridiche possano e debbano contenere dettami ispirati alla morale, o se il recupero dei valori etici, socialmente riconosciuti, debba essere delegato all’autodisciplina professionale, e ai Codici deontologici.

Una regola generale e condivisa


Cominciare da questi 8 punti, per esplorare le possibilità di condivisione su temi deontologici che, muovendo dall’ambito ristretto della medicina, possano assumere un peso più generale: è questo l’auspicio che Stefano Rodotà, membro del Gruppo d’approfondimento europeo sull’Etica, ha sostenuto dopo aver partecipato all’apertura della due giorni di Sanremo. “Far uscire il Codice Deontologico dei medici dall’alveo professionale - è infatti la sua proposta - e trasformarlo in regola generale e condivisa. Una disciplina soltanto professionale, svincolata dalla realtà legislativa, rischia infatti di entrare in conflitto con i diritti delle persone”. “Perché si apra veramente la strada a un Codice Europeo - ha affermato ancora Rodotà - si potrebbe cominciare a discutere su temi già normati dalla UE.
Rodotà ha posto come esempio il caso della direttiva 46 del 1995 sulla protezione dei dati personali, secondo cui le categorie possono, anche a livello sovranazionale, elaborare Codici deontologici da sottoporre poi alla certificazione dei Garanti.
“Un via libera - ha concluso - che fa uscire il Codice dall’alveo professionale e lo trasforma in una regola generale e condivisa. Eliminando così anche eventuali conflittualità tra medici e giudici”. Ma una normativa così fatta, rafforzata oltretutto da un inquadramento condiviso europeo, presupporrebbe un’omogeneità culturale che al momento non esiste in Europa. “Arrivare a indicazioni comuni su questi temi - ha spiegato Del Barone - è possibile se si punta sugli aspetti deontologici citati, tutti condivisibili e rispettosi delle diverse posizioni religiose ed etiche”. Non è possibile, invece, “pensare ad un intervento sui problemi bioetici più dibattuti, credendo di superare differenze oggi enormi. Resta utopico, infatti, pretendere di intervenire anche su temi come eutanasia, clonazione, studio degli embrioni su cui si registrano posizioni a volte contrapposte. I tempi non sono maturi per questo”.

Un Ordine tutto da difendere


Respingere fermamente ogni azione “volta a privare la professione del diritto all’autogoverno e alla necessaria indipendenza nelle scelte terapeutiche e nei processi formativi, presupposto indispensabile a garantire ai cittadini la qualità delle prestazioni sanitarie”, dopo l’allarme provocato “dal tentativo di delegittimare il ruolo istituzionale dell’Ordine e di prevaricarlo attraverso strumenti legislativi impropri”: questo l’obiettivo della FNOMCeO, che ha riunito il proprio Consiglio nazionale a margine della presentazione della Carta di Sanremo, mettendo al centro dei suoi lavori il proprio profilo, e in parallelo la modifica dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione medica e maggiori riconoscimenti alle attività di tutorato.
Ciò che ha gettato scompiglio tra le file del garante nazionale della deontologia professionale è stata l’approvazione del riassetto del sistema nazionale ECM previsto dal Decreto legge 35 del 14 marzo 2005 e dal documento sulla competitività approvato dalla Conferenza Stato Regioni. Il documento, ha denunciato il consiglio della FNOMCeO, “sottrae inspiegabilmente all’Ordine ogni competenza e lo esclude sia dalla fase elaborativa dell’impianto normativo che da quella di programmazione e verifica degli eventi formativi”. Una misura inattesa considerato che l’Ordine, ricorda la Federazione “ha sempre sostenuto il progetto dell’Educazione Continua in Medicina con l’obiettivo di garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza agli atti medici e ha sempre denunciato con fermezza la degenerazione della sua fase applicativa”.
Per sottrarre competenze a norma di legge a un organo dello Stato quale l’Ordine, secondo la legislazione vigente, sarebbe d’uso ricorrere a disegni di leggi ordinari, che infatti attualmente giacciono in Parlamento. Da qui l’invito “a tutte le forze politiche regionali e parlamentari a considerare quanto denunciato e a intervenire ognuna nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità per riaffermare il ruolo dell’Ordine professionale a tutela del cittadino”, ma anche l’invito agli Ordini di continuare a svolgere il proprio compito, valutando “l’appropriatezza degli eventi formativi anche sotto il profilo deontologico richiamando a tali obblighi e responsabilità i medici e gli odontoiatri direttamente coinvolti nell’organizzazione degli stessi”.

Le richieste


Per dimostrare di dover ancora svolgere un ruolo importante di verifica e di indirizzo della professione medica la FNOMCeO, nella stessa seduta, ha espresso una prima valutazione del nuovo esame di abilitazione all’esercizio della professione medica, che con l’entrata in vigore del Decreto del ministero dell’Istruzione, n. 445 del 19 ottobre 2001, comprende oggi “un tirocinio valutativo, a completamento della formazione professionalizzante prevista dall’attuale ordinamento, di un mese in medicina, un mese in chirurgia e un mese presso lo studio di un medico di medicina generale”. Riconoscendo pure che “questa profonda innovazione ravvisa una funzione e un ruolo al medico di medicina generale ed al medico ospedaliero da parte dei presidenti dell’Ordine dei medici” e per questo “è stata recepita come una giusta attenzione ed apertura alle istanze del mondo professionale”, l’Ordine valuta però che, dopo un anno d’esperienza, ci sono alcune cose che non funzionano.
Gli Ordini dei medici hanno sempre lamentato di non riuscire a controllare, secondo il mandato istituzionale, “una professione senza entrare nel merito dell’iter formativo e senza poter partecipare al procedimento selettivo per l’accesso all’esercizio professionale”. Il livello del 99.6% di promossi all’ultima tornata degli esami professionale, però, è sovrapponibile a quello ottenuto con la vecchia prova di esame “e deve indurci a riflettere - suggerisce il Consiglio dell’Ordine - sulla validità dell’attuale strumento valutativo”. L’Ordine mette in discussione precisamente lo strumento d’esame: “le due serie di 90 quiz, conoscendo a priori sia le domande che le risposte, diventa utile soltanto alla valutazione delle capacità mnemoniche dell’abilitando e non delle capacità peculiari della professione medica”. L’Ordine sottolinea, perciò “l’assoluta e urgente necessità di mettere il sistema di valutazione, a fronte della gratuità dell’impegno dei tutor, in sicurezza e poter disporre di un congruo numero di tutor di valutazione ulteriormente motivati”. Tre le richieste urgenti dell’Ordine al ministero dell’Istruzione (MIUR), al ministero della Salute e agli assessorati regionali alla Salute:
1. restituire l’esame di abilitazione alla sua effettiva funzione di valutazione della capacità di decision making e problem solving
2. un riconoscimento dell’attività di Tutor ai fini dell’acquisizione dei crediti ECM nella misura di 10 crediti per mese di tutorato e fino ad un massimo del 50% del monte crediti complessivo annuale
3. il riconoscimento, a livello universitario e monetario, dell’impegno dell’attività di tutor di valutazione.