Editoriale
Cure a lungo termine e marginalità
dei Mmg
E' la famiglia il punto nodale del
sistema di cure al malato terminale: lo ha evidenziato il primo
studio nazionale, curato dallOsservatorio delle Cure Palliative
che ha cercato di tracciare il profilo dei caregiver, elegante
termine inglese che definisce lanello più debole
del sistema delle cure, ovvero quel familiare che deve assumere,
di necessità, a proprio completo carico il peso della
persona ammalata. Metà di costoro sono impegnati verso
il parente malato per l'intero arco delle 24 ore e poco meno
del 20% si trova impegnato da 12 a 24 ore, ma solo un quinto
può permettersi il lusso di una badante. L'80% dei caregiver
è costituito da donne, un quinto dei quali non riceve
alcun aiuto da altri familiari, motivo per cui accusa gravi
danni personali: nell'85% di queste persone infatti la vita
cambia e aumenta il rischio di ammalarsi: il 38.5% inizia a
soffrire di disturbi del sonno, il 36.8 di debolezza o stanchezza,
il 22% di dolori articolari.
Sempre continuando a farsi aiutare dai numeri per disegnare
il quadro complessivo del fenomeno, se ci spostiamo a considerare
limpatto economico del problema, per il 75% dei caregiver
i costi legati all'assistenza incidono pesantemente sul bilancio
familiare, a partire dai farmaci per arrivare fino al materiale
sanitario e sul fronte propriamente assistenziale.
Abbiamo scelto il caso dellassistenza ai malati terminali
perché ci sembra tra i più emblematici per raccontarci
il livello di tenuta del Ssn italiano e la sua difficile capacità
di adattamento ai bisogni di salute che cambiano. Se infatti
la rete dei servizi comincia a funzionare - l'84% delle famiglie
entra in contatto con i Centri di cure palliative e gli hospice,
che dal 1995 a oggi sono aumentati di oltre 25 volte - la distribuzione
dell'offerta resta a macchia di leopardo, con forti disparità
tra una zona e l'altra della penisola: al Nord si contano 225
tra centri ed enti no-profit, al Centro si scende a 109, al
Sud a 49 e nelle Isole a 21. Tra i punti più dolenti
del quadro rimane, però, il rapporto tra le strutture,
le organizzazioni di volontariato e il medico di medicina generale,
che è tra le figure più vicine alle famiglie dal
momento della diagnosi lungo tutto il percorso delle cure a
lungo termineno. Spesso però questo suo ruolo di governo
dei percorsi terapeutici non è riconosciuto o premiato
e il rapporto tra lhospice e la famiglia avviene fuori
da un percorso nel quale il Mmg venga valorizzato come regista
del sistema. Questo compito oggi è affidato al livello
regionale e aziendale della Convenzione: dopo le mille polemiche
scatenate dalla contrattazione nazionale, ora i medici di famiglia
rimangono in attesa di segnali di novità.