M.D. numero 16, 4 maggio 2005


Editoriale
Cure a lungo termine e marginalità dei Mmg

E' la famiglia il punto nodale del sistema di cure al malato terminale: lo ha evidenziato il primo studio nazionale, curato dall’Osservatorio delle Cure Palliative che ha cercato di tracciare il profilo dei caregiver, elegante termine inglese che definisce l’anello più debole del sistema delle cure, ovvero quel familiare che deve assumere, di necessità, a proprio completo carico il peso della persona ammalata. Metà di costoro sono impegnati verso il parente malato per l'intero arco delle 24 ore e poco meno del 20% si trova impegnato da 12 a 24 ore, ma solo un quinto può permettersi il lusso di una badante. L'80% dei caregiver è costituito da donne, un quinto dei quali non riceve alcun aiuto da altri familiari, motivo per cui accusa gravi danni personali: nell'85% di queste persone infatti la vita cambia e aumenta il rischio di ammalarsi: il 38.5% inizia a soffrire di disturbi del sonno, il 36.8 di debolezza o stanchezza, il 22% di dolori articolari.
Sempre continuando a farsi aiutare dai numeri per disegnare il quadro complessivo del fenomeno, se ci spostiamo a considerare l’impatto economico del problema, per il 75% dei caregiver i costi legati all'assistenza incidono pesantemente sul bilancio familiare, a partire dai farmaci per arrivare fino al materiale sanitario e sul fronte propriamente assistenziale.
Abbiamo scelto il caso dell’assistenza ai malati terminali perché ci sembra tra i più emblematici per raccontarci il livello di tenuta del Ssn italiano e la sua difficile capacità di adattamento ai bisogni di salute che cambiano. Se infatti la rete dei servizi comincia a funzionare - l'84% delle famiglie entra in contatto con i Centri di cure palliative e gli hospice, che dal 1995 a oggi sono aumentati di oltre 25 volte - la distribuzione dell'offerta resta a macchia di leopardo, con forti disparità tra una zona e l'altra della penisola: al Nord si contano 225 tra centri ed enti no-profit, al Centro si scende a 109, al Sud a 49 e nelle Isole a 21. Tra i punti più dolenti del quadro rimane, però, il rapporto tra le strutture, le organizzazioni di volontariato e il medico di medicina generale, che è tra le figure più vicine alle famiglie dal momento della diagnosi lungo tutto il percorso delle cure a lungo termineno. Spesso però questo suo ruolo di governo dei percorsi terapeutici non è riconosciuto o premiato e il rapporto tra l’hospice e la famiglia avviene fuori da un percorso nel quale il Mmg venga valorizzato come regista del sistema. Questo compito oggi è affidato al livello regionale e aziendale della Convenzione: dopo le mille polemiche scatenate dalla contrattazione nazionale, ora i medici di famiglia rimangono in attesa di segnali di novità.