M.D. numero 16, 4 maggio 2005

Dibattito
Sanità e logiche di risparmio sul territorio
di Bartolomeo Delzotti, Medico di medicina generale, Urgnano (BG)

Da troppo tempo in Italia si ricorre ad alcune parole magiche quasi che esse di per sé rappresentino la soluzione di problemi sociali, politici ed economici ormai atavici.Tra queste parole le più ricorrenti in questi nostri tempi di rivoluzionari cambiamenti sono “aziendalizzazione” e “privatizzazione”.
Il punto è che non basta essere azienda e non basta agire da o nel privato perché le cose funzionino al meglio.
In un ambito come quello sanitario l’organizzazione aziendale sta producendo un sistema che corre il grave rischio di far prevalere le esigenze del contenimento dei costi a quelle della qualità del servizio, a scapito della tutela della salute. La logica del risparmio sta attecchendo sempre più e alcuni punti del nuovo ACN sono esempi chiari di questa finalità.


Come medico di famiglia che ha seguito nel tempo l’evoluzione di un sistema sanitario pubblico, comunque tra i primi al mondo, sento il dovere di richiamare l’attenzione su alcune modalità di erogazione dei servizi sanitari che, in nome dell’efficacia ed efficienza, non fanno altro che obbedire a logiche di risparmio. Partiamo dalle note, prima CUF ora AIFA. Il prontuario farmaceutico comprende farmaci con indicazioni terapeutiche autorizzate dal ministero della Salute; ora si presuppone che essi si possano e si debbano prescrivere in quanto efficaci, altrimenti non si capisce il motivo della loro presenza nel prontuario. Ebbene, esiste una commissione che giudica quando come e perché determinati farmaci possano essere prescritti a carico del Ssn dal medico curante, il quale è tenuto al rimborso del costo degli stessi farmaci in caso di non adesione alle note AIFA.
In questo caso la logica del risparmio conduce ad una discriminazione tra i cittadini che possono permettersi di acquistare il farmaco e quelli che non possono permetterselo.
Con il nuovo ACN per la medicina generale si rende obbligatoria l’adesione a linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici, pena la revoca del rapporto di lavoro. Con una tale logica decade definitivamente il ruolo del Mmg quale medico della persona. Il medico non si troverà più di fronte ad una persona, ma ad una malattia e bisognerà seguire dei percorsi prestabiliti uguali per tutti, medici e pazienti. Di conseguenza ci sarà una spersonalizzazione del rapporto medico-paziente. Il Mmg da medico di fiducia del paziente si trasformerà così in medico di fiducia dell’Asl. Vista l’obbligatorietà è lecito chiedersi se rendere uniforme l’operato dei medici non sia che un modo per facilitare il controllo della spesa e raggiungere ancora una volta l’obiettivo del risparmio.

Accentramento


Si vogliono creare delle strutture definite UTAP con almeno 10 Mmg che devono coprire un territorio che va da 20.000 a 40.000 assistiti, ove i medici garantiranno l’assistenza 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Nobile intento, peccato che il cittadino non sempre troverà il proprio medico curante e dovrà recarsi in un paese più o meno limitrofo o all’altro capo della città per assicurarsi l’assistenza. Scomparirà quella capillare distribuzione degli studi medici che sicuramente ha contribuito alla tutela della salute nel territorio.
Anche in questo caso traspare la finalità economica. Il responsabile della struttura infatti sarà un medico che dovrà gestire un budget che non potrà superare in alcun modo, altrimenti sarà costretto a mandare indietro i pazienti o a rimandarli all’anno successivo, come già accaduto in alcune cliniche private convenzionate nel momento in cui hanno raggiunto il tetto di spesa prefissato, ossia hanno terminato il budget a disposizione.

Le scelte regionali


Queste logiche di risparmio hanno caratterizzato gran parte delle scelte politiche sul territorio.
Per esempio la decisione politica della Regione Lombardia di separare l’Ospedale dal territorio ha reso il sistema ancora più debole e più facilmente assoggettabile a logiche di risparmio tendenti a minare la qualità del servizio. Anche gli Ospedali pubblici infatti sono in difficoltà e i medici che vi operano, unitamente a quelli del territorio, vivono un profondo disagio che può rappresentare il preludio di un degrado inevitabile della Sanità Pubblica, aprendo la strada a forme di assistenza gestite da enti assicurativi privati. Sarebbe ora di aprire un serio dibattito su tali questioni per evitare gli sprechi, ottimizzare i costi, ma soprattutto per chiedere l’adeguato finanziamento ad un Ssn pesantemente sotto-finanziato rispetto alle esigenze di una medicina moderna e di qualità.