M.D.
numero 16, 4 maggio 2005
Dialoghi
clinici
La diversità tra medicina generale
e specialistica può essere fattore di arricchimento della
pratica medica, se a prevalere è il momento dialogico,
allinsegna della complementarietà, focalizzata
sulle esigenze concrete che la gestione di una problematica
fa emergere nella quotidianità.M.D. propone, di volta
in volta, un confronto tra le due discipline, fatto di domande
precise e di risposte condivise.
Management ambulatoriale della cefalea e dell'emicrania
Medicina Generale a cura di: Gian Paolo Andreoletti,
Medico di medicina generale, Vertova (BG)
Specialistica a cura di: Lorenzo Pinessi, Direttore Clinica
Neurologica III, Centro Cefalee, Università di Torino Presidente
eletto SISC (Società Italiana per lo studio delle Cefalee)
Di
fronte a un soggetto che si presenti lamentando mal di
testa, due sono i principali dubbi che abitualmente il
medico di medicina generale si trova a dover chiarire e dirimere.
Il primo è di tipo diagnostico: il paziente sarà
affetto da una cefalea primitiva, in un certo senso benigna,
oppure la sintomatologia algica nasconderà la presenza
di una grave patologia encefalica sottostante? Come possiamo
escludere altre patologie craniche o sistemiche?
Il secondo è di tipo terapeutico: qualora il paziente
sia affetto da una cefalea primitiva, sarà preferibile
attuare un trattamento farmacologico preventivo ovvero una terapia
sintomatica al bisogno e con quali farmaci? Spesso solo unapprofondita
conoscenza dei meccanismi fisiopatologici e una grande esperienza
clinica consentono di dare risposte adeguate a queste domande,
consentendo una corretta gestione ambulatoriale del malato.
Quali
elementi devono far sospettare la presenza di una patologia
organica sottostante in un paziente che presenti cefalea?
I principali sintomi di allarme sono la comparsa di una cefalea
improvvisa, di particolare gravità (la peggiore
cefalea della mia vita), il peggioramento improvviso di
una cefalea pre-esistente, la presenza di febbre, di rigidità
nucale, di convulsioni, di alterazioni dello stato di coscienza.
Particolare attenzione deve essere posta alla cefalea post-traumatica
e alla comparsa di una cefalea, anche di lieve intensità,
in un paziente che sta assumendo anticoagulanti per via orale.
Qualora si sospetti una cefalea secondaria,
lindagine diagnostica più opportuna è rappresentata
dalla TAC oppure dalla RMN cerebrale? Con o senza mezzo di contrasto?
Non esiste un accertamento di prima scelta. Spetterà
al medico curante valutare se, in rapporto al sospetto diagnostico,
è più indicata la TAC cerebrale o la RMN encefalica.
In linea di principio, la TAC fornisce informazioni di rilievo
sulle strutture ossee del cranio, sulla presenza di calcificazioni
cerebrali e sulle lesioni vascolari.
La RMN encefalica possiede maggiore risoluzione per lesioni
in fossa posteriore, è più sensibile ad alterazioni
della sostanza bianca e, con opportune modifiche, può
valutare sia la circolazione liquorale sia la circolazione arteriosa
e venosa cerebrale (angio-RMN), escludendo in tal modo malformazioni
artero-venose e/o aneurismi.
Quale alimentazione deve essere raccomandata
a un paziente emicranico?
Il problema del rapporto tra cibi ed emicrania è complesso
e non ancora chiarito nei minimi dettagli. Lemicrania
non è una malattia dovuta a unallergia ai cibi.
Tuttavia, in buona parte dei pazienti emicranici, determinati
cibi possono costituire fattori favorenti o scatenanti lattacco
di emicrania, specie quando la crisi emicranica è già
latente.
Lelenco degli alimenti considerati fattori trigger nei
confronti di una crisi è molto lungo. Cioccolato, agrumi,
banane, formaggi stagionati, crostacei, vino e alcolici vengono
riportati come i più frequenti fattori scatenanti.
Il consiglio che deve essere dato a tutti i pazienti è
quello di verificare attentamente se determinati cibi, nellarco
di 24 ore dalla loro assunzione, scatenano un attacco emicranico.
In tal caso, è opportuno evitare lassunzione di
quel determinato alimento.
Va comunque sempre specificato al paziente emicranico che i
fattori trigger, al di là degli alimenti, sono molto
numerosi (il più importante è lo stress) e che
questi possono sommare i loro effetti negativi.
Quali farmaci sono da evitare in un paziente emicranico?
Diversi farmaci possono indurre cefalea, in particolare nel
soggetto emicranico. Si ricordano, essenzialmente per la loro
diffusione, alcuni farmaci antipertensivi e gli inibitori delle
fosfodiesterasi.
Il medico di medicina generale deve fare sempre attenzione alla
comparsa di tale side-effect e modificare il relativo trattamento
farmacologico.
Quando è utile e indicato instaurare
una terapia preventiva in un paziente emicranico? Con quali
farmaci e per quanto tempo?
La Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC)
ha recentemente fornito delle chiare linee guida per la terapia
di profilassi dellemicrania (www.sisc.it).
In genere, è opportuno iniziare una terapia di profilassi
quando il paziente emicranico ha due o più attacchi di
emicrania al mese ovvero quattro o più giorni di cefalea
al mese, quando si verifichino crisi di particolare gravità
e quando la risposta alla terapia di attacco è modesta.
Non esiste un farmaco di prima scelta per la terapia di profilassi.
Sono state evidenziate sei diverse classi di farmaci che possono
essere efficaci nella profilassi (betabloccanti quali il propranololo,
calcioantagonisti come la flunarizina, antagonisti della serotonina,
antidepressivi, antiepilettici e Fans).
La scelta tra le diverse classi deve essere valutata di volta
in volta, tenendo anche conto delle eventuali comorbidità
del paziente. Per esempio, se il paziente presenta in anamnesi
uno o più episodi depressivi, è opportuno iniziare
con un farmaco antidepressivo (amitriptilina a basse dosi, fluoxetina,
ecc).
Una terapia di profilassi deve essere effettuata per almeno
tre mesi prima di valutarne gli effetti. Se inefficace o se
compaiono importanti effetti collaterali, deve essere modificata.
Se la terapia è efficace deve essere proseguita per almeno
6-8 mesi, poi scalata gradualmente.
Qual è il ruolo dei Fans nella
terapia della cefalea?
Innanzitutto è opportuno valutare la gravità della
sintomatologia clinica nella terapia dellattacco emicranico.
Se la crisi emicranica è di intensità medio-lieve
è possibile utilizzare un Fans. Tra questi, i più
utilizzati sono: acido acetilsalicilico, ibuprofene, indometacina,
metamizolo, nimesulide e diclofenac. La terapia con paracetamolo
nel soggetto adulto è generalmente poco efficace.
È importante valutare anche la via di somministrazione
del farmaco antiemicranico. Se il paziente presenta, nel corso
dellattacco, unimportante sintomatologia gastrointestinale
(nausea e/o vomito) è consigliabile provare vie di somministrazione
alternative a quella orale, utilizzando farmaci per via rettale
o per via intramuscolare. Bisogna tenere sempre presente la
gastrolesività dei Fans e associare, eventualmente, un
gastroprotettore.
Come va gestita la terapia con i triptani
in un paziente emicranico?
I triptani sono oggi considerati i farmaci specifici e di prima
scelta per le crisi emicraniche di intensità medio-grave.
Sono degli agonisti selettivi dei recettori 5-HT1b e 5-HT1d
a livello vascolare e cerebrale. Esistono diversi farmaci appartenenti
alla categoria dei triptani: sumatriptan, zolmitriptan, rizatriptan,
eletriptan, almotriptan e frovatriptan.
Differiscono, in parte, per le modalità di somministrazione
(orale, sublinguale, rettale, nasale e sottocute) e per alcune
caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche. È
stato dimostrato che se un paziente non risponde in modo adeguato
a un triptano può provare con successo altri farmaci
della stessa classe. È importante che il paziente assuma
il farmaco allinizio della crisi emicranica: infatti,
se lassunzione viene ritardata, a causa dellinstaurarsi
del fenomeno dellallodinia, il triptano non è più
efficace.
In genere il profilo di tollerabilità dei triptani è
buono: alcuni pazienti possono lamentare sensazione di oppressione
al torace o al giugulo, ma si tratta di sintomi transitori.
Luso dei triptani è controindicato nei pazienti
con coronaropatia o con ipertensione arteriosa non controllata.
Infine, va ricordato che circa il 20% dei pazienti emicranici
può essere non-responder.
Che cosa è lemicrania mestruale?
Gli attacchi emicranici sono fortemente influenzati dalle variazioni
ormonali correlate al ciclo riproduttivo. Circa il 60% delle
donne emicraniche riferisce la comparsa o un peggioramento della
frequenza delle crisi in tale periodo. Sino ad oggi non vi è,
tuttavia, una chiara definizione del fenomeno. In appendice
allultima edizione della classificazione delle cefalee
(ICHD-II, 2004), vi è un primo tentativo di classificazione
dellemicrania mestruale. Gli attacchi emicranici che si
verificano nel periodo mestruale sono, in genere, di particolare
intensità e di lunga durata. Possono non essere responsivi
ai farmaci di attacco e presentano un grado di disabilità
maggiore rispetto agli attacchi che si verificano al di fuori
del ciclo. Nelle pazienti che manifestano crisi di emicrania
prevalenti nel ciclo mestruale si può utilizzare la cosiddetta
mini-profilassi, un trattamento farmacologico di
breve durata (5-8 giorni) con Fans o triptani a lunga emivita.
Come va curata la cefalea nella donna gravida?
In genere, lemicrania tende a essere meno intensa o del
tutto assente in gravidanza. Il farmaco che può essere
utilizzato senza alcun rischio teratogeno è il paracetamolo.
In casi di necessità particolare, possono essere utilizzati
altri Fans. Non vi è, in genere, indicazione a una terapia
di profilassi.
Come va curata la cefalea nel bambino?
Lemicrania nel bambino assume spesso caratteristiche particolari
che vanno indagate in modo adeguato. La sintomatologia clinica
dellattacco non è così ben definita come
nelladulto e, per la diagnosi, vanno tenuti in dovuto
conto anche i sintomi di accompagnamento della crisi come la
nausea e il vomito. I genitori devono fare molta attenzione
che il bambino rispetti adeguate norme comportamentali, quali
la regolarità dei cicli sonno-veglia, lapporto
alimentare congruo e regolare, unattività fisica
continuativa ma non stressante. In genere il farmaco di prima
scelta nellattacco è il paracetamolo per via rettale.
In casi più gravi e sopra i 12 anni possono essere utilizzati,
con cautela, i Fans. In età adolescenziale trova indicazione
il sumatriptan per via nasale. Va tenuto presente, infine, che
lemicrania può cronicizzarsi con facilità
in età infantile e adolescenziale e che, in questi casi,
è necessario rivolgersi a un Centro specializzato.
Come va attuato un trattamento di disassuefazione
in un paziente con dipendenza da farmaci antiemicranici?
È opportuno che la terapia di disassuefazione venga effettuata
in un Centro specializzato per la patologia cefalalgica. In
genere si consiglia una sospensione ex abrupto del farmaco
di abuso.
Il paziente sviluppa successivamente una sindrome da astinenza
di gravità variabile che può essere controllata
da farmaci somministrati per via endovenosa. Il trattamento
di disassuefazione (svezzamento) nei pazienti con abuso di barbiturici
o di ergotaminici, causa il rischio di comparsa di effetti collaterali
gravi, deve essere effettuato in ambito ospedaliero.
Come va gestito un paziente con nevralgia
trigeminale?
Il primo problema è quello di chiarire la causa della
nevralgia trigeminale. Nella maggior parte dei casi è
presente un cosiddetto conflitto neurovascolare,
cioè una dilatazione di una piccola arteria o di una
vena cerebrale che tocca una radice trigeminale
provocando le violente crisi parossistiche dolorose.
In altri casi, più rari, la sofferenza del nervo è
dovuta a una neoplasia o ad una placca di demielinizzazione
(sclerosi multipla). Per questo è indispensabile che
il paziente esegua una risonanza magnetica dellencefalo
con angio-RMN. Contemporaneamente va iniziata una terapia contro
il dolore. È importante ricordare che i farmaci antinfiammatori
non steroidei hanno un effetto pressoché nullo su tale
forma dolorosa.
È indispensabile che il medico prescriva antinevralgici
quali la carbamazepina (sino a 1200 mg/die) o il gabapentin
(sino a 1600 mg/die). Tali farmaci vanno assunti in modo graduale
e non hanno un effetto immediato, ma sono gli unici in grado
di controllare il dolore della nevralgia trigeminale. È
utile anche controllare i fattori di rischio vascolare, in particolare
lipertensione arteriosa.
I farmaci antinevralgici vanno proseguiti per almeno un mese
dopo la cessazione del dolore e quindi ridotti gradualmente.
In casi non responsivi alla terapia farmacologica, il paziente
va indirizzato allo specialista neurochirurgo per i trattamenti
del caso (compressione percutanea del ganglio di Gasser con
palloncino; termocoagulazione percutanea; decompressione vascolare
microchirurgica).