M.D. numero 16, 4 maggio 2005

Clinica
Sindrome del tunnel carpale: novità terapeutiche
di Massimo Reta - Medicina Interna, Centro di Reumatologia, Ospedale Maggiore, Bologna

Il trattamento di questa patologia in costante aumento deve essere il più possibile conservativo, anche per la recente disponibilità di farmaci in grado di contrastare lo stress ossidativo che si realizza a livello locale

La sindrome del tunnel carpale è un quadro patologico sostenuto dalla presenza di una compressione del nervo mediano al passaggio nel canale carpale, tunnel osteo-fibroso contenente il nervo mediano, i tendini flessori delle dita e l’arteria radiale. I sintomi clinici di presentazione sono i segni neurologici compatibili con la distribuzione del nervo mediano a livello della mano. Tale quadro rientra nelle patologie neurologiche periferiche da “intrappolamento”, altresì dette “neuropatie canalicolari”.
L’aumento di incidenza di questa patologia riconosce a determinati fattori lavorativi il ruolo di causa o concausa significativa (per esempio movimenti ripetitivi di flesso-estensione del carpo, vibrazioni, uso continuo del computer, ambiente di lavoro a basse temperature, ecc) tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha coniato l’acronimo WRDs (Work Related Diseases).
In questi casi è spesso monolaterale, mentre nelle forme essenziali e in quelle sintomatiche di patologie reumatiche e connettivitiche (spondiloartriti sieronegative, artrite reumatoide, sclerodermia) l’esordio è spesso bilaterale (fino all’80% dei casi).
Maggiormente colpito è il sesso femminile, dove l’esordio avviene frequentemente in momenti particolari, come la gravidanza o la menopausa. Tra le altre cause intervengono fattori endocrino-metabolici (diabete mellito, iperparatiroidismo, ipotiroidismo ecc), traumi o i loro esiti.
La compressione della struttura nervosa porta a due tipi di lesioni elementari: la lesione meccanica vera e propria e quella ischemica secondaria.
Entrambe queste lesioni danno luogo a un fenomeno metabolico assai importante, caratterizzato da un alterato meccanismo di riduzione dell’ossigeno, che porta alla formazione di sostanze altamente reattive e tossiche, dette radicali liberi dell’ossigeno, un fenomeno che prende il nome di “stress ossidativo”.
I sintomi sono chiaramente di tipo neurologico e sono dapprima di tipo sensitivo (parestesie a volte con dolore dapprima notturno, ipoestesie), fino a veri e propri danni motori, come l’ipostenia e l’ipotrofia dell’eminenza tenar.
Tali sintomi sono presenti nei territori innervati dal nervo mediano alla mano (prime tre dita e occasionalmente il quarto dito), ma possono irradiarsi al gomito e addirittura alla spalla.
La diagnosi sospettata clinicamente con i segni positivi di Tinel e Phalen viene poi confermata definitivamente dall’elettromiografia, che definisce anche il livello della lesione. Può risultare utile una valutazione anatomo-clinica effettuata con l’ecografia.

Terapia medica e chirurgica


A seconda della gravità del quadro clinico il trattamento può essere medico-conservativo o chirurgico (figura 1).
Nei casi precoci l’uso di Fans e steroidi per via generale possono essere indicati se il quadro è correlato a una patologia reumatica, mentre l’infiltrazione locale di corticosteroidi migliora sicuramente la sintomatologia, ma solo per brevi periodi. Sempre utile risulta l’utilizzo di vitamine del gruppo B.
In seguito alle evidenze della presenza di un fenomeno di “stress ossidativo” si utilizzano sostanze antiossidanti come la vitamina E, l’acido a-lipoico e l’a-tocoferolo, il selenio e l’acido g-linolenico, che interviene nella produzione di membrane cellulari, migliorando la velocità di conduzione nervosa.
In particolare l’acido a-lipoico, indicato nelle sindromi canalicolari, ha la possibilità di agire sia nella forma ossidata (acido a-lipoico) sia nella forma ridotta (acido diidro-lipoico) e contribuisce alla rigenerazione degli altri antiossidanti endogeni (glutatione, vitamina C); agisce inoltre sia nel substrato lipofilo sia su quello idrofilo, cioè direttamente sulla membrana, sul citosol e sul liquido extracellulare.
La terapia meccanica si avvale di uno splint che posizioni, almeno durante la notte, il carpo in posizione neutra.
Infine è importante trattare le patologie primitive se presenti e ridurre o eliminare le attività lavorative concause di questa patologia.
Terapia chirurgica
Il trattamento chirurgico si rende necessario in caso di fallimento della strategia conservativa (assenza di miglioramento dopo tre mesi di terapia, forme a peggioramento progressivo o con deficit motorio). L’intervento ha come scopo quello di allargare il canale del carpo, attraverso il “release” del legamento trasverso del carpo. Le tecniche sono essenzialmente due:
• a cielo aperto, che permette una concomitante tenosinoviectomia di minima, soprattutto nella patologia reumatica;
• endoscopica, che riducendo il trauma chirurgico porta ad una più rapida ripresa funzionale.
Dai dati recentemente raccolti nel periodo post-operatorio, per una più rapida ripresa funzionale, e per il controllo della sintomatologia - spesso molto fastidiosa per il paziente - si ritiene utile usare un trattamento con antiossidanti e stabilizzatori delle membrane.

Conclusioni


È in atto una vera e propria “epidemia” di sindrome del tunnel carpale e questo deve spronare a raccogliere ulteriori dati sui meccanismi patogenetici, omogeneizzare con protocolli condivisi gli atteggiamenti terapeutici, soprattutto riuscire meglio a definire il timing chirurgico per ottenere i migliori risultati.
A questo si deve aggiungere il favorire la prevenzione attraverso l’informazione e la formazione dei lavoratori sottoposti al rischio di tale patologia.


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