M.D. numero 15, 27 aprile 2005

Rassegna
La gestione del paziente con malattia da reflusso gastroesofageo
di Cesare Tosetti - Medico di medicina generale e specialista in Gastroenterologia, Porretta Terme (BO)

La cura del paziente con MRGE può presentarsi come un problema complesso per la varietà dei sintomi e per la necessità di un’impostazione terapeutica adeguata e prolungata nel tempo. La disponibilità di strumenti diagnostici e di terapie efficaci consente la gestione in Medicina Generale della maggior parte dei casi, riservando la condivisione con lo specialista solo alle situazioni complicate o refrattarie

La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) rappresenta una delle più frequenti entità cliniche che vengono affrontate quotidianamente nella pratica medica. La variabilità con cui la sintomatologia è percepita a livello individuale e la complessità dell’espressione clinica, soprattutto nelle forme atipiche, rendono difficoltosa una valutazione precisa di prevalenza e incidenza della MRGE nella popolazione generale, tuttavia si ritiene di osservare un incremento progressivo, legato non solo alla maggiore attenzione al problema, ma anche alla modificazione di fattori dietetici, variazioni delle abitudini alimentari, problematiche legate ai tempi e ai modi dell’assunzione degli alimenti.
Parallele modificazioni epidemiologiche sono osservabili per fattori che esercitano rilevanti influenze sulle decisioni cliniche nei pazienti con MRGE, quali il concomitante uso di farmaci, l’infezione da Helicobacter pylori, l’incidenza del cancro gastrico ed esofageo. La disponibilità di trattamenti sempre più efficaci costituisce un motivo fondamentale perché la MRGE debba essere prontamente riconosciuta e affrontata sulla base di un approccio razionale.

La sfida della MRGE nella pratica medica


La MRGE rappresenta una formidabile sfida per la pratica medica, innanzitutto perché la maggior parte dei pazienti presentano caratteristiche per le quali possono essere completamente gestiti all’interno della medicina generale.
Secondariamente perché la diffusione della MRGE determina la necessità di risoluzione di problematiche di economia sanitaria legate a un largo utilizzo di risorse di tipo sia farmacologico sia strumentale. Un altro aspetto, non certamente di minore importanza, è legato alle problematiche della presentazione clinica soprattutto dei quadri cosiddetti atipici, per i quali la collaborazione tra medico di medicina generale e specialista (di diverse discipline) può assumere caratteristiche di complessità e conflittualità.
L’ampia varietà dell’“espressione” sintomatologica è paragonabile dal punto di vista problematico all’ampia varietà di “percezione” da parte del singolo paziente, che determina comportamenti estremamente personalizzati soprattutto nelle motivazioni che conducono alla consultazione medica.

Verso una gestione personalizzata del paziente

Nella maggior parte dei casi la responsabilità della gestione della MRGE è dunque affidata al medico di medicina generale, nell’ambito di una pratica medica patient-oriented piuttosto che disease-oriented. Nel rapporto medico-paziente risulta fondamentale riuscire a comprendere le cause di consultazione, che possono essere legate alla frequenza e alla severità dei sintomi, ma ancora più spesso alla preoccupazione di una patologia grave, digestiva o extradigestiva. In particolare il paziente può essere spinto alla consultazione in modo più o meno consapevole dal timore di una patologia neoplastica. È evidente che il riconoscimento delle reali motivazioni di una consultazione permette di evitare percorsi inutili, inefficaci e scorretti dal punto di vista economico.
La frequenza e la severità dei sintomi devono essere accuratamente valutate utilizzando non solo domande dirette, ma anche tecniche di ascolto finalizzate al riconoscimento di significati particolari che il paziente attribuisce alle proprie sensazioni. In particolare il riconoscimento di sintomi tipici quali la pirosi richiede la formulazione di domande dirette basate su un’adeguata descrizione del fenomeno (“Ha mai avvertito la sensazione di bruciore che dalla bocca dello stomaco - indicare la zona - risale verso l’alto?”) perché è dimostrato che i termini strettamente medici non sono mai facilmente compresi da una grande parte dei pazienti. Prima di attribuire a un problema gastrico la dichiarazione di “mal di stomaco” occorre accuratamente far indicare con un dito la regione di provenienza dei sintomi per escludere sintomi sotto-ombelicali o rilevare fenomeni in realtà a localizzazione retrosternale e attribuibili alla MRGE.
Attraverso un adeguato ascolto sono individuabili sintomi di allarme, quali per esempio ematemesi e melena, e sono evidenziabili le interferenze con gli aspetti della vita quotidiana, in particolare sul riposo notturno. Un’accurata anamnesi farmacologica (FANS, calcioantagonisti, uso di antiacidi, ecc) è di grande aiuto.
Capacità di ascolto ed esecuzione di un accurato esame obiettivo sono i cardini per stratificare il rischio del paziente rispetto a patologie gravi, capirne le richieste e interpretarne le aspettative. È generalmente possibile individuare forme lievi, non complicate, che possono trarre vantaggi rilevanti dalla rassicurazione e da consigli comportamentali.
Anche se nella maggior parte dei casi che giungono all’osservazione del Mmg è opportuno l’uso di farmaci specifici e/o di accertamenti strumentali, la capacità rassicurativa da parte del medico riguardo le caratteristiche e l’evolutività della patologia risulta fondamentale. Spiegare al paziente le caratteristiche fisiopatologiche e l’origine dei sintomi è un’operazione che richiede un piccolo investimento di tempo con risultati importanti sui dubbi presenti e futuri.

Accertamenti strumentali

Nell’ambito della gestione del paziente con MRGE, il Mmg dispone dell’accesso diretto all’esofagogastroduodenoscopia, accertamento chiave nell’individuazione di complicanze esofagee e/o di patologie gastriche associate, ma di scarsa sensibilità per la diagnosi di MRGE. L’esecuzione di un esame endoscopico deve essere perciò finalizzata a obiettivi ben precisi, tenendo conto dell’utilizzo delle risorse.
È opportuno specificare che gli studi finalizzati a promuovere strategie alternative a un approccio endoscopico sono stati realizzati in particolari setting economici (generalmente nordamericani), per i quali i costi degli accertamenti strumentali sono decisamente più rilevanti rispetto a quelli italiani.
L’esofagogastroduodenoscopia deve perciò essere collocata in un ben preciso piano operativo, non esitando a ricorrervi quando possa permettere di ottenere informazioni utili per la gestione del paziente, che non necessariamente implicano un riscontro di lesione organica, quale esofagite o patologia della mucosa gastroduodenale.
Studi mirati dimostrano che un risultato endoscopico negativo per patologia organica rassicura il paziente (almeno quello particolarmente ansioso o preoccupato), anche se la durata di tale rassicurazione può essere di durata limitata. È da valutare anche l’opportunità di un esame endoscopico “una volta nella vita” per il riconoscimento di complicanze e dell’esofago di Barrett, anche se l’evolutività neoplastica di tale patologia è probabilmente sopravvaluta da bias di pubblicazione.
Neppure la stessa pHmetria-24 ore può essere considerata uno standard diagnostico dotato della necessaria efficienza e deve essere riservata a casi particolari.
Tale esame, al pari di altri accertamenti di secondo livello (acidimetria, test di sensibilità, manometria esofagea, scintigrafia, ecc) deve essere ricondotto nell’ambito della consultazione specialistica, cui è opportuno fare riferimento nei casi di refrattarietà terapeutica, valutazione pre-chirurgica o intricazione sintomatologica.
La valutazione radiologica dell’esofago trova indicazione ed elezione in caso di sospetta stenosi.

Il test IPP


Una strategia diagnostica nell’ambito della MRGE proposta soprattutto per la pratica medica è rappresentata dal test IPP, cioè dall’utilizzo di un inibitore di pompa protonica (IPP) ad alto dosaggio per un periodo di tempo limitato, finalizzato a valutare un miglioramento sintomatologico.
Tale strategia è stata proposta sostanzialmente per superare i limiti di sensibilità, costi e complessità di endoscopia e pHmetria, ed è applicabile sia a pazienti con sintomatologia tipica sia a quelli con patologia atipica, quale dolore toracico non cardiaco. Il favore con il quale il test è stato accolto è dovuto alla semplicità di esecuzione e dalla predittività al trattamento terapeutico. Questa metodica presenta limiti di specificità (per risposta anche in presenza di patologia differente dalla MRGE, quale la dispepsia funzionale, l’ulcera gastrica/duodenale o la stessa patologia neoplastica) e dubbi di tutela medico-legale. Inoltre, il dosaggio farmacologico e la valutazione del miglioramento sintomatologico attualmente mancano di standardizzazione.
Dal punto di vista della pratica medica il test presenta interesse relativo nell’ambito della diagnostica della sintomatologia tipica, per la quale il criterio anamnestico è particolarmente efficiente. L’interesse è altresì limitato nella sintomatologia atipica respiratoria e ORL, in quanto sono necessari periodi di trattamento e valutazione assai prolungati, ma potrebbe risultare di grande efficacia nel percorso diagnostico del dolore toracico non cardiaco dopo accurata valutazione cardiologica e preferibilmente anche endoscopica.

Limiti del trattamento non farmacologico

La MRGE determina sulla qualità della vita del paziente una riduzione paragonabile a quella dei pazienti con angina pectoris, pertanto l’obiettivo del trattamento dovrebbe essere mirato al miglioramento della qualità della vita piuttosto che al solo miglioramento del sintomo.
Gli interventi sullo stile di vita che sono normalmente suggeriti in corso di consultazione medica sono scarsamente supportati sul piano bibliografico dal punto di vista dell’efficacia sulla qualità della vita. È opportuno modificare le abitudini alimentari del paziente suggerendo di limitare i pasti grassi, l’assunzione di cioccolata, l’uso di bevande gassate, di caffè e di bevande alcoliche in genere, di evitare assunzione di cibo prima del riposo notturno. L’elevazione della testata del letto rappresenta un accorgimento semplice che permette buoni risultati in alcuni casi.
Non è però sicuro che questi accorgimenti permettano un controllo sintomatologico efficace in rapporto alle difficoltà che spesso il paziente riferisce nell’adeguarsi a queste indicazioni.
Certamente il calo ponderale nei soggetti in sovrappeso e l’astensione dal fumo rappresentano suggerimenti sostanzialmente imprescindibili da ogni forma di counselling sanitario, tuttavia deve essere ancora una volta sottolineato il ruolo importante della personalizzazione dei consigli, lasciando che il paziente identifichi i fattori che influenzano negativamente il proprio benessere, facendo leva sulla capacità esplicativa e rassicurativa del Mmg piuttosto che su quella impositiva.

Opzioni farmacologiche


Nella maggior parte dei pazienti con MRGE il trattamento farmacologico risulta indispensabile per ottenere la guarigione di complicanze erosive della mucosa esofagea e/o per ottenere o mantenere un buon controllo sintomatologico.
Le strategie terapeutiche prevedono una terapia d’attacco e una fase di mantenimento. Lo disponibilità di farmaci che inducono un’acidosoppressione gastrica prolungata rappresenta a tutt’oggi la migliore opzione in entrambi i casi.
Ai farmaci antiacidi è riservato un ruolo solo nelle forme lievi, sostanzialmente in automedicazione, similmente ai preparati ad azione locale esofagea. Questi ultimi possono certamente risultare utili in alcuni pazienti e in fase acuta quale terapia complementare, mentre al consumo supplementare di antiacidi spetta il ruolo, invero rilevante, di indicatori di inadeguato compenso farmacologico della terapia di base.
Benché la MRGE sia dal punto di vista fisiopatologico un’alterazione motoria, ad oggi non disponiamo di farmaci attivi sulla motilità esofago-gastro-duodenale che risultino efficaci quanto gli antisecretori.
Gli inibitori dei recettori istaminici H2 hanno rappresentato la svolta storica nel trattamento delle patologie acido correlate, e tuttora rivestono un ruolo importante in alcuni pazienti per ottenere un controllo adeguato della secrezione notturna, o, nei casi più lievi, quale terapia on demand per periodi brevi. Questi farmaci tuttavia presentano generalmente risultati nettamente inferiori agli IPP, che assicurano una prolungata inibizione della secrezione acida e quindi un mantenimento più duraturo dei livelli di pH intragastrico necessari per il controllo della MRGE. L’uso di questi farmaci, benché più costosi dei precedenti, ha dimostrato che il controllo della malattia ottenuto risulta in un risparmio economico complessivo per la migliore gestione delle risorse, riducendo i tempi di guarigione delle complicanze, permettendo una migliore prevenzione delle recidive con riduzione degli accessi ospedalieri e strumentali.

Uso corretto degli IPP


Gli IPP permettono di disporre di armi efficaci per la gestione del paziente con MRGE sia in fase acuta sia nell’utilizzo prolungato per la prevenzione delle recidive.
Più di un decennio di esteso uso clinico ha dissipato dubbi sulla sicurezza legata a una profonda acido-soppressione sia per la stimolazione di cellule enterocromaffini sia per modificazione dell’ambiente intragastrico. I dati disponibili assicurano anche un impiego con margini di affidabilità in gravidanza.
Attualmente sono disponibili sul mercato diversi IPP che si caratterizzano per differenze in aspetti farmacologici che possono essere diversamente sfruttati sul piano clinico.
Omeprazolo e lansoprazolo sono caratterizzati da affidabilità di impiego per la lunga esperienza disponibile, compresa gastroprotezione in terapia con FANS e altri farmaci gastrolesivi. Pantoprazolo è stato particolarmente studiato con buoni risultati rispetto alle interferenze farmacologiche. Rabeprazolo presenta rapidità d’azione e peculiare metabolismo epatico che possono risultare individualmente apprezzabili.
Sostanzialmente questi IPP possono essere considerati sovrapponibili clinicamente quando confrontati a dosi equipotenti.
La recente disponibilità di esameprazolo, isomero attivo di omeprazolo, permette il raggiungimento degli obiettivi acido-soppressivi che rappresentano il target del trattamento della MRGE in un consistente numero di pazienti.
In ogni caso il trattamento deve essere personalizzato per ogni differente situazione. Il miglioramento di sintomi respiratori può richiedere tempo di trattamento prolungato e dosaggio farmacologico maggiore rispetto a una erosione esofagea.
Il trattamento della sintomatologia delle forme non-erosive può rivelarsi particolarmente difficile, specialmente se sostenuto da importanti alterazioni percettive da parte del paziente, con abbassamento della soglia di sensibilità.
Nel caso di pazienti pediatrici o geriatrici le manifestazioni cliniche possono essere differenti da quelle che il Mmg è abituato a considerare nel giovane adulto, ma generalmente rispondono bene alla terapia con IPP.
Alla fine degli anni ‘90 è stato acceso un dibattito sulla comparazione tra strategie basate sul progressivo aumento dell’inibizione acida fino a raggiungere il compenso clinico (step up) e strategie basate sull’adozione iniziale di una terapia massimale da ridurre successivamente fino a raggiungere la minima dose efficace (step down). Nel corso del tempo questa seconda ipotesi ha dimostrato un maggiore vantaggio dal punto di vista pratico e farmacoeconomico ed è ad oggi preferibile nella disponibilità di molecole particolarmente efficaci e maneggevoli.
Per un uso corretto degli IPP dovrebbe essere sempre valutata per ciascuna molecola l’adeguata assunzione rispetto alle caratteristiche farmacocinetiche (vicinanza con i pasti, orari), considerando una durata di terapia sufficiente per risolvere le eventuali complicanze, abbattere i sintomi, migliorare la qualità di vita del paziente e prevenire le recidive.
L’effetto degli interventi farmacologici dovrebbe essere valutato sulla qualità della vita piuttosto che sul sintomo, soprattutto nel caso delle terapie prolungate quali quelle necessarie nella MRGE, in particolare nelle forme atipiche, con possibili effetti su trattamenti concomitanti e conseguentemente sul loro monitoraggio. I primi dati espressione di studi adeguati dimostrano un effetto benefico sulla qualità della vita delle strategie terapeutiche basate su un’adeguata acido-soppressione. È probabile che un certo numero di pazienti necessitino di non poter interrompere la terapia acido-soppressiva se non per brevissimi periodi. Soprattutto per questi pazienti è opportuno un monitoraggio periodico.

Monitoraggio del paziente


La valutazione periodica dell’intervento risulta fondamentale nel rapporto medico-paziente. Un corretto disease management prevede un monitoraggio del paziente piuttosto che del sintomo o della malattia. È possibile che l’obiettivo di una totale scomparsa dei sintomi non sia perseguibile in tutti i pazienti, ed è perciò importante stabilire col paziente obiettivi realistici in funzione delle condizioni e delle aspettative individuali.
Il programma che è stato discusso e concordato col paziente deve essere rivalutato periodicamente e in ogni occasione nella quale si presentino mutazioni rilevanti o impreviste delle condizioni cliniche.
Questo può accadere anche in condizioni quali la gravidanza o l’uso concomitante di trattamenti farmacologici.
Lo stesso utilizzo prolungato di terapie acido-soppressive deve essere monitorizzato e adeguato a mutate condizioni cliniche, ponendosi il problema di una rivalutazione o di una switch-therapy qualora i risultati raggiunti tendessero a ridursi nel tempo.
Di una certa rilevanza è il problema della gestione dell’infezione da Helicobacter pylori che può coesistere in questi pazienti e che si ritiene non presenti particolare influenza sulla patogenesi della MRGE.
È stato evidenziato, anche se non successivamente costantemente confermato, una maggiore progressione di atrofia gastrica in caso di uso prolungato di IPP in presenza di infezione gastrica di Helicobacter pylori.
È ritenuto corretto, in caso infezione gastrica da Helicobacter pylori ottenuta per esempio in caso di esecuzione di esofagogastroduodenoscopia discutere col paziente l’effettivo significato del riscontro e proporre l’eradicazione, tenendo in considerazione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto al batterio un ruolo quale agente carcinogenetico di prima classe.

Conclusioni e prospettive


La gestione pratica del paziente con MRGE può presentarsi come un problema complesso per il Mmg a causa della variabilità della presentazione sintomatologica e della necessità di un’impostazione terapeutica adeguata e prolungata, con monitoraggio periodico. La disponibilità di efficaci farmaci acido-soppresori consente la gestione della maggior parte dei casi entro la Medicina Generale, riservando la condivisione con lo specialista solo dei casi complicati o refrattari.
La gestione razionale delle risorse disponibili, intesa come uso appropriato sia degli accertamenti strumentali sia dei farmaci, è necessaria per permettere di cogliere gli obiettivi assistenziali nel rispetto dei margini economici.
Adeguati programmi educazionali rivolti collaborativamente a medico di medicina generale e specialista sono necessari per ottenere una migliore gestione del paziente con MRGE.


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