M.D. numero 15, 27 aprile 2005

Editoriale
Il peso della sanità nel responso elettorale

E se anche i medici assieme ai loro pazienti avessero “punito” la maggioranza nella verifica elettorale regionale?
E se il malessere emerso fosse legato alle preoccupazioni sulla devolution e sul suo impatto sul diritto alla tutela della salute? L’ipotesi è del segretario della Fimmg Mario Falconi che, all’indomani del verdetto delle urne, ha scritto una lettera aperta al presidente di An Gianfranco Fini per segnalargli che a suo parere, e secondo gli “umori” che i medici di famiglia hanno potuto cogliere nell’elettorato, i cittadini italiani sono tutti fortemente preoccupati “che una riforma che devolve interamente alle Regioni le competenze in materia di Sanità, infranga definitivamente lo scudo costituzionale posto a tutela della loro salute, sfibrando i legami solidaristici nel Paese, in assenza di una forte cornice nazionale di indirizzo e controllo”. Nella riforma attuata nella scorsa legislatura rimaneva valida “la previsione di un livello istituzionale centrale, il ministero della Salute, che dovrebbe e potrebbe essere garante dei Lea. Oggi invece, a riforma approvata, ogni Regione potrebbe andare ancora di più per conto proprio, almeno nell’elaborazione dei modelli dei servizi, visto che nelle spesa c’è già tanta varietà sotto il sole del Bel Paese.
Nell’ultima audizione che il ministro della Salute Girolamo Sirchia ha svolto davanti alla commissione Bilancio della Camera ha spiegato, infatti, che nel 2005 la spesa sanitaria pubblica salirà oltre le disponibilità economiche, a dispetto del loro aumento, di almeno 2,6 miliardi di euro soprattutto a fronte dei prossimi rinnovi contrattuali. Sempre che le Regioni riescano a contenere entro il 2% l’incremento delle spese di produzione, come previsto dalla Finanziaria 2005, e che attuino un rigoroso monitoraggio delle prescrizioni, rispettando tutti gli impegni previsti dal nuovo Patto di stabilità sanitario. Previsione abbastanza ottimistica, visto che, secondo i dati forniti dal ministro Sirchia, nel 2004 sarebbero state solo cinque le Regioni in grado di presentare conti in attivo: si tratta, in particolare, di Puglia (59,5 mln di euro), Veneto (26,9 mln di euro), Bolzano (3,4 mln di euro), Lombardia (2,9 mln di euro) e Trento (256mila euro). Tutte le altre Regioni avrebbero, invece, fatto registrare un bilancio in rosso: a cominciare dalla Campania, con 1,022 miliardi di disavanzo, e dal Lazio con 568 milioni. Un’insicurezza che avrebbe raggiunto cittadini e professionisti in eguale misura, e che comincerebbe a intaccare la fiducia generale nel Servizio sanitario nazionale. Con le elezioni politiche alle porte, la sanità si preannuncia così come uno dei principali temi di confronto tra i diversi schieramenti: medici e pazienti sperano in impegni concreti e soluzioni che durino più del tempo di uno spot elettorale.