Editoriale
Il peso della sanità nel responso elettorale
E se anche i medici assieme ai loro
pazienti avessero punito la maggioranza nella verifica
elettorale regionale?
E se il malessere emerso fosse legato alle preoccupazioni sulla
devolution e sul suo impatto sul diritto alla tutela della salute?
Lipotesi è del segretario della Fimmg Mario Falconi
che, allindomani del verdetto delle urne, ha scritto una
lettera aperta al presidente di An Gianfranco Fini per segnalargli
che a suo parere, e secondo gli umori che i medici
di famiglia hanno potuto cogliere nellelettorato, i cittadini
italiani sono tutti fortemente preoccupati che una riforma
che devolve interamente alle Regioni le competenze in materia
di Sanità, infranga definitivamente lo scudo costituzionale
posto a tutela della loro salute, sfibrando i legami solidaristici
nel Paese, in assenza di una forte cornice nazionale di indirizzo
e controllo. Nella riforma attuata nella scorsa legislatura
rimaneva valida la previsione di un livello istituzionale
centrale, il ministero della Salute, che dovrebbe e potrebbe
essere garante dei Lea. Oggi invece, a riforma approvata, ogni
Regione potrebbe andare ancora di più per conto proprio,
almeno nellelaborazione dei modelli dei servizi, visto
che nelle spesa cè già tanta varietà
sotto il sole del Bel Paese.
Nellultima audizione che il ministro della Salute Girolamo
Sirchia ha svolto davanti alla commissione Bilancio della Camera
ha spiegato, infatti, che nel 2005 la spesa sanitaria pubblica
salirà oltre le disponibilità economiche, a dispetto
del loro aumento, di almeno 2,6 miliardi di euro soprattutto
a fronte dei prossimi rinnovi contrattuali. Sempre che le Regioni
riescano a contenere entro il 2% lincremento delle spese
di produzione, come previsto dalla Finanziaria 2005, e che attuino
un rigoroso monitoraggio delle prescrizioni, rispettando tutti
gli impegni previsti dal nuovo Patto di stabilità sanitario.
Previsione abbastanza ottimistica, visto che, secondo i dati
forniti dal ministro Sirchia, nel 2004 sarebbero state solo
cinque le Regioni in grado di presentare conti in attivo: si
tratta, in particolare, di Puglia (59,5 mln di euro), Veneto
(26,9 mln di euro), Bolzano (3,4 mln di euro), Lombardia (2,9
mln di euro) e Trento (256mila euro). Tutte le altre Regioni
avrebbero, invece, fatto registrare un bilancio in rosso: a
cominciare dalla Campania, con 1,022 miliardi di disavanzo,
e dal Lazio con 568 milioni. Uninsicurezza che avrebbe
raggiunto cittadini e professionisti in eguale misura, e che
comincerebbe a intaccare la fiducia generale nel Servizio sanitario
nazionale. Con le elezioni politiche alle porte, la sanità
si preannuncia così come uno dei principali temi di confronto
tra i diversi schieramenti: medici e pazienti sperano in impegni
concreti e soluzioni che durino più del tempo di uno
spot elettorale.