M.D. numero 15, 27 aprile 2005

Diario ambulatoriale
Il lavoro in team in medicina di famiglia - Cronaca di una settimana
di Giuseppe Maso, Medico di famiglia - Venezia, Responsabile Insegnamento Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Alessandra Semenzato, Infermiera di famiglia - Venezia Docente Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine

Lunedì
Come quasi tutti i lunedì è venuta in ambulatorio Livia. Vive una situazione di disagio familiare e sociale e questo influisce, ovviamente, sulla sua percezione di benessere. Non ha malattie particolari, neanche sintomi degni di nota, ogni volta ci riferisce dei disturbi indefiniti e vaghi. Viene da noi perché per lei rappresentiamo un punto di riferimento, un appoggio e anche un momento di socializzazione.
Molti nostri pazienti sono come Livia. Tutti i giorni ci rendiamo conto che la percezione della salute, se non la salute stessa, sembrano dipendere moltissimo dal grado di felicità delle persone. È molto interessante quanto scritto da Lord Richard Layard, professore alla London School of Economics, nel suo libro Happiness: lessons from a new science. Egli ritiene che la felicità delle persone sia il vero motore dell’economia, per cui gli economisti e ovviamente i governi devono aiutare la gente a essere felice. Layard mette in soffitta la teoria economica derivata dall’evoluzionismo di Darwin (se non ti preoccupi di te stesso nessuno lo farà per te) e quella di Adam Smith (l’egoismo individuale è il motore del benessere collettivo) e si rifà a Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia 2002, che ha consentito di convertire la felicità in una “dimensione obiettiva dell’esperienza”. I fattori che possono influire sulla felicità sono (in ordine di importanza) le relazioni familiari, la situazione finanziaria, il lavoro, la comunità e gli amici, la salute, la libertà personale e i valori individuali.
Gli economisti hanno capito che il benessere di una popolazione dipende dal grado di felicità e quindi dai sette fattori elencati. Sono gli stessi fattori per cui noi vediamo la gente nei nostri ambulatori. Una dimostrazione di quanto la medicina di famiglia sia immersa nella società e una dimostrazione di quanto la società giochi un ruolo determinante sull’utilizzo dei livelli di cura di qualsiasi sistema sanitario. Il lavoro di Layard sottolinea, ancora una volta, come il nostro obiettivo principale non sia l’applicazione accurata delle tecniche diagnostiche e terapeutiche ma, più che probabilmente, la soddisfazione del paziente e il raggiungimento di quello che per lui è il benessere.

Martedì

Ci sono parti del corpo che vengono considerate meno nobili delle altre; per queste parti oltre al pudore vengono attivate delle barriere che sono dei veri e propri tabù. Queste difese inducono le persone a minimizzare i sintomi, a sopportare disturbi e dolori anche per lunghi periodi e talvolta impediscono una diagnosi precoce.
Oggi una nostra paziente quarantacinquenne, ipertesa, che conosciamo da circa un anno, è venuta per un controllo programmato. “Un po’ alla volta sto risolvendo i problemi della mia vita; i miei problemi familiari e quelli di salute. La pressione va bene... ora sto pensando di risolvere il mio problema con le emorroidi che mi tormentano da più di un anno”.
“Come, da più di un anno?” risponde Alessandra. “Certo, da più di un anno! Non ti dico quanto male sono stata quest’inverno, pomate e farmaci ormai non servono a niente. Ma non potevo di certo farmi visitare proprio in quel posto da un medico appena conosciuto!”.

Mercoledì

La prima paziente di oggi è Maria; è arrivata mezz’ora prima dell’apertura, accompagnata dal marito. È preoccupata, non ha potuto dormire a causa di un fastidioso senso di pesantezza epigastrico. Sia lei che il marito imputano i sintomi alla cena di ieri, a loro dire, abbastanza pesante. “Ho mangiato troppe patate fritte” ripete Maria.
L’elettrocardiogramma, che eseguiamo subito, evidenzia un infarto del miocardio. In attesa dell’ambulanza, iniziamo a trattare la paziente. Ci vengono in mente altri pazienti che abbiamo visitato in passato e che con sintomatologia più varia avevano un infarto in atto. Giacomo, che aveva avuto senso di nausea e gastralgie per tutta la notte; Andrea, quarantenne, che si era già recato in infermeria al lavoro e che poi, insoddisfatto, era venuto anche da noi. Mario, cinquantenne diabetico, dopo mezz’ora che era uscito dall’ambulatorio è rientrato afflitto da un dolore tipico e altri casi simili nel corso di anni.
Ci chiediamo cosa sarebbe successo se non avessimo fatto un ECG in quei soggetti con sintomatologia sfumata o atipica. Ci rendiamo conto, ancora una volta, di quanto sia importante la tecnologia in ambulatorio, di quanto ci aiuti poter eseguire esami ematochimici e strumentali con risposta in tempo reale. Ci rendiamo conto anche che tutto questo è possibile perché lavoriamo in team.

Giovedì

Anche oggi è venuta una ragazzina che non è andata a scuola per le mestruazioni dolorose. È accompagnata dalla mamma, ansiosa, premurosa, che ci descrive in modo molto dettagliato la sintomatologia della figlia. Abbiamo l’impressione che la figlia approfitti dell’ingenuità della madre e usi le mestruazioni come scusa per non andare a scuola. Ovviamente, ci faremo carico del problema e cercheremo di fare una diagnosi corretta.
Certo che ci viene da pensare quanto le mestruazioni siano importanti nella nostra società. C’è il problema del menarca, vissuto talvolta come dramma; ci sono le mestruazioni dolorose, quelle irregolari, quelle che sono in ritardo e quelle che non vengono, ci sono quelle troppo copiose e quelle indotte. Le mestruazioni sono un universo, una metafora e talvolta un paravento. Rappresentano gioia o sofferenza, gioventù e vecchiaia, potenza e disagio. Sono un affare per chi produce pillole e per chi vende assorbenti. Rappresentano un’ampia area di intervento per gli specialisti. Sono uno degli argomenti più trattati dai magazine femminili. Ogni problema legato alle mestruazioni è molto di più di un problema ormonale, interessa inevitabilmente la sfera psicologica e sociale.
La medicina di famiglia non dovrebbe delegare la risoluzione di questi problemi se non in pochissimi casi selezionati; essi richiedono sempre un approccio bio-psico-sociale e rientrano nel core della disciplina.

Venerdì

La bicicletta, dalle nostre parti, è stata il più diffuso mezzo di locomozione prima del boom economico degli anni Sessanta. È sempre stata usata per andare al lavoro, per andare al mercato, per spostarsi da un paese a un altro e all’interno delle città. I nostri pazienti anziani usano ancora prevalentemente questo mezzo per venire in ambulatorio. Ma la mole di traffico automobilistico è più che decuplicata negli ultimi decenni e le piste ciclabili sono solo virtuali.
I riflessi e le prestazioni fisiche invece sono drasticamente diminuiti. Quasi ogni giorno (anche oggi) un anziano cade o viene investito. Quasi ogni giorno cerchiamo di convincere qualcuno a farsi accompagnare in auto. Ma il desiderio di indipendenza e la non consapevolezza dei propri limiti sono sempre più forti dei nostri consigli.

Sabato

A volte si rimane letteralmente sconcertati nell’osservare come certe patologie siano emblematiche e caratteristiche di una singola famiglia. Oggi nel nostro studio è entrato Andrea, 14enne, accompagnato dal padre. Hanno lo stesso sguardo e la stessa mimica del volto; ci ricordano anche quelle della madre e della sorella 21enne, assidue frequentatrici dell’ambulatorio.
Uno sguardo che parla da sé: ansia, paura, tristezza e disorientamento. Uno sguardo che ci induce un certo disagio, quasi fisico. Ma ciò che più colpisce è che Andrea accusa lo stesso disturbo della sorella: proctiti ricorrenti e un ipertono dello sfintere anale interno.
Ci aspettiamo che prossimamente esordiscano anche cefalee, disfagie e disturbi addominali aspecifici. Disturbi che non si possono risolvere con i farmaci, sappiamo bene che rappresentano una richiesta di aiuto, probabilmente rivolta principalmente ai genitori; richiesta che loro però non riescono a sentire.
Ci chiediamo se cambierà qualcosa tra qualche tempo. Dopo un recente colloquio, il padre ha accettato di seguire una psicoterapia mirata per affrontare le crisi di panico.
Certo è che le relazioni familiari talvolta sono impenetrabili; i singoli membri agiscono come anelli di una stessa catena, difficilmente spezzabile. Costituiscono una vera unità, in questo caso dominata dal disagio esistenziale, di cui non hanno coscienza. È per noi molto difficile riuscire a entrare nelle dinamiche familiari, per rompere la catena, ma dobbiamo fare ogni tentativo perché una qualsiasi richiesta di aiuto venga esternata.