M.D. numero 14, 20 aprile 2005

Tribuna
Servizi sanitari regionali a prova di federalismo
di Filippo Mele, Medico di medicina generale, Policoro (MT)


E' facile dissertare su devolution e federalismo. Quando però dalle argomentazioni teoriche si passa alla situazione reale del nostro Paese le cose cambiano e si rischia di verificare casi che qualcuno indica come veri e propri esempi di schizofrenia istituzionale. Questo capita soprattutto nel campo dell’assistenza sanitaria. Ne è esempio la recente legge della Regione Emilia Romagna in merito alle “Norme generali sull’organizzazione e il funzionamento del Servizio sanitario regionale” adottata proprio nell’ambito delle nuove competenze assegnate alle Regioni dalla Costituzione. Secondo il Consiglio regionale dell’Emilia Romagna tale normativa è in linea con i principi del federalismo responsabile e solidale. Ma il governo nazionale non la pensa così e ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale.

La Regione Emilia Romagna è stata tra le prime ad aver adottato una legge sul riordino del suo Servizio sanitario regionale (Legge Regionale del 23 dicembre 2004, n. 29). Viene ridefinita così la sanità regionale in un’ottica federalista, sulla base delle nuove competenze assegnate alle Regioni dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Confermando i principi di universalismo, equità e gratuità del Servizio sanitario, sono rafforzate le competenze degli enti locali in materia di programmazione sanitaria, verifica e controllo, la partecipazione degli operatori sanitari al governo aziendale e il rapporto della Regione con l’Università nel campo dell’assistenza, della ricerca e della didattica. Tra le novità più discusse la riaffermazione dell’esclusività del rapporto di lavoro di medici e operatori del Servizio sanitario pubblico al fine di assicurare il buon funzionamento dei servizi e prevenire conflitti di interesse; la collocazione degli Istituti Ortopedici Rizzoli (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) nel Ssr per quanto riguarda l’attività assistenziale, rafforzando il loro ruolo di eccellenza a livello nazionale e internazionale nella ricerca e nella innovazione.
Altre novità riguardano la certificazione dei bilanci aziendali e l’introduzione del bilancio di missione, il rafforzamento delle competenze del Consiglio regionale e della Commissione consiliare “Sanità e politiche sociali”, l’inalienabilità del patrimonio immobiliare delle Asl contro qualsiasi ipotesi di privatizzazione.

Il Collegio di direzione

Viene attribuito inoltre il rango di organo aziendale, al pari del direttore generale, al Collegio di direzione, composto da dirigenti medici e da altri professionisti sanitari nonché dai medici di medicina generale. Il Collegio diventa l’organo attraverso il quale gli operatori concorrono al governo dell’Asl ed esprimono scelte di sviluppo organizzativo dei servizi, di formazione e di ricerca. L’istituzione del Collegio aziendale delle professioni sanitarie rappresenta un’ulteriore opportunità di condivisione del governo aziendale e di partecipazione. Per i legislatori regionali lo stretto legame che si viene a creare fra organizzazione aziendale, sviluppo dei servizi e competenze professionali della dirigenza sanitaria rende incongruo che compiti di direzione possano essere compatibili con un’attività professionale privata in competizione con quella delle strutture che si è chiamati a dirigere. Per questo si riconosce come titolo preferenziale per ricoprire incarichi di direzione l’opzione a favore del rapporto esclusivo. Sin qui, per sommi capi, i contenuti della Legge regionale dell’Emilia Romagna.

Le contestazioni del Governo

Il Governo nazionale però ha impugnato alcuni articoli della legge di riordino del Ssr dell’Emilia Romagna di fronte alla Corte Costituzionale, chiedendone l’annullamento. L’accusa sembra essere l'invasione di campo della Regione in una materia a legislazione concorrente.
Tra i punti contestati, l’inclusione del Rizzoli nel Ssr e l’incompatibilità tra incarichi di direzione e l’esercizio di attività privata. Punti su cui sarà la Suprema Corte a pronunciarsi.
Indipendentemente dai torti o dalle ragioni, quello che si palesa è il difficile percorso del federalismo italiano. Se la conflittualità tra centro e periferia è già scattato con la prima legge di riordino della organizzazione di un Ssr, è presumibile che ciò si potrà ripetere quando le altre Regioni legifereranno in tal senso. Con il rischio di provocare una paralisi in primis funzionale e poi istituzionale. A rafforzare questo timore c’è il fatto che questa legislatura si caratterizza come quella in cui, tra gli organi istituzionali, quelli di controllo hanno ricevuto le maggiori sollecitazioni.