M.D. numero 14, 20 aprile 2005

Terapia
Eccessiva crescita batterica, IBS e malattia diverticolare
di Angela Walmar

La crescita incontrollata dei microrganismi residenti nell’intestino, ritenuta responsabile della sintomatologia clinica, può essere corretta con un adeguato trattamento antibiotico

L'ecoflora intestinale, composta da batteri che colonizzano l’intestino a partire dalle prime ore di vita extra-uterina, rappresenta un ecosistema selezionato dall’evoluzione, necessario per il mantenimento dello stato di salute. L’organismo umano ha stabilito uno stato di simbiosi con questi batteri e la loro presenza costituisce una barriera nei confronti della crescita eccessiva di specie patogene nel lume intestinale. Ma questa importante compagine batterica, composta prevalentemente da lattobacilli, eubatteri e bifidobatteri, è in grado di esercitare numerose influenze e lo stato di benessere dell’organismo dipende dalle corrette interazioni che la flora residente intreccia con esso. Nell’ambito dell’XI Congresso Nazionale delle Malattie Digestive (AIGO-SIED-SIGE), svoltosi a Genova dal 12 al 16 marzo 2005, si è svolto un seminario di approfondimento scientifico dal titolo “Ecosistema intestinale: oltre la malattia diverticolare”, dedicato proprio ad alcuni aspetti di questa relazione, o meglio alla perdita di un equilibrio funzionale che caratterizza una situazione che la cultura anglosassone indica come SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth) e che le ipotesi più recentemente accreditate considerano come momento eziopatogenetico chiave per molti disturbi enterici.

Funzioni dell’ecoflora intestinale


In condizioni fisiologiche all’ecoflora intestinale spettano compiti diversificati e molto importanti. Grazie alla sua presenza infatti l’organismo può contare su un costante “rifornimento” di vitamine essenziali. Altre funzioni metaboliche comprendono l’assorbimento ionico, la deconiugazione degli acidi biliari, il metabolismo anaerobio delle proteine, la fermentazione di carboidrati.
Nell’ambito della sintesi di sostanze antimicrobiche i batteri svolgono un ruolo determinante grazie alla produzione di acidi grassi organici, di ione ammonio, di perossido di idrogeno, di batteriocine. Per quanto attiene ai meccanismi difensivi questi microrganismi sono in grado di esercitare un’interazione competitiva con potenziali patogeni.
Sono anche in prima linea nell’immunomodulazione: l’ecoflora intestinale esercita infatti un effetto adiuvante sull’immunità intestinale e sistemica e favorisce il mantenimento di una situazione di equilibrio nella produzione di citochine pro e antinfiammatorie. Ha inoltre la capacità di modificare eventuali tossine e recettori tossinici e infine manifesta una evidente capacità di interazione con la motilità intestinale.
Quest’ultimo aspetto assume un carattere di reciprocità, nel senso che la microflora interviene sulla motilità intestinale ma anche che le alterazioni della motilità intestinale possono determinare delle modificazioni della flora batterica, che coinvolgono tanto l’aspetto qualitativo quanto quello quantitativo.
Le condizioni da cui può derivare una modificazione della flora intestinale comprendono cause modificabili e immodificabili: alterazioni anatomiche, alterazioni a seguito di interventi chirurgici. Per i legami tra motilità ed ecoflora è dimostrato che quest’ultima subisce alterazioni importanti in caso di sclerosi sistemica progressiva, di neuropatia diabetica, di pseudo-ostruzione intestinale, di accelerato svuotamento gastrico, di incontinenza della valvola ileo-cecale.
Infine, alterazioni dell’ecoflora accompagnano malnutrizione, deficit immunitari ad eziologia varia, età avanzata, prolungate terapie con alcune classi di farmaci (anti-H2 e inibitori della pompa protonica).

Conseguenze di una eccessiva crescita batterica


Recentemente l’interesse e l’attenzione degli esperti del settore si sono concentrate sulla SIBO e sulle correlazioni tra questa condizione e la sintomatologia clinica di patologie enteriche. Di particolare rilievo sarebbe il legame tra overgrowth batterico, malattia diverticolare sintomatica non complicata e sindrome dell’intestino irritabile (IBS), condizione nella quale oltre il 90% dei pazienti lamenta gonfiore e dolore, associati ad alterazioni dell’alvo (stipsi o diarrea). Sebbene molti pazienti accusino un evidente peggioramento della sintomatologia dopo l’assunzione di cibo, nella maggior parte dei casi la ricerca di un possibile alimento “trigger” ha dato esito negativo. Il che fa supporre, in assenza di una responsabilità accertata del cibo, che la causa di ciò sia da imputare a una eccessiva presenza batterica che, agendo su substrati fermentabili, produce quantità abnormi di gas.
Nell’intestino normale la presenza di batteri è concentrata soprattutto nel colon mentre in caso di eccessiva crescita questi si riscontrano in concentrazioni significative anche nei tratti più prossimali dell’intestino (da 103 della normalità a 1011).
La validazione di questa teoria risiederebbe nei risultati di quegli studi che hanno valutato gli effetti di una terapia antibiotica, a seguito della quale i pazienti con sindrome dell’intestino irritabile hanno fatto registrare la normalizzazione dell’H2 breath test, un risultato giudicato coerente con l’eradicazione batterica determinata dal trattamento (Lin HC, JAMA 2004; 292: 852-58).

Benefici della eradicazione batterica


I pazienti nei quali è stata dimostrata la presenza di SIBO spesso necessitano di trattamenti a lungo termine e/o ripetuti nel tempo con antibiotici e, per tale motivo, la scelta deve orientarsi alle molecole con profilo di tollerabilità elevata e con bassi tassi di assorbimento sistemico.
Molti studi sperimentali hanno confermato che, tra gli antibiotici non assorbibili a disposizione del medico, rifaximina è in grado di limitare la proliferazione batterica intestinale sia aerobica sia anaerobica.
Due lavori presentati al congresso di Genova hanno valutato l’impiego di questo antibiotico in pazienti con overgrowth batterico. Nucera et al hanno selezionato, da una popolazione di soggetti con sindrome da intestino irritabile (diagnosticata secondo i criteri Roma II), 90 pazienti con SIBO, confermata all’H2 breath test da un picco di H2 >10 ppm dopo ingestione di 75 g di glucosio. Per valutare l’efficacia e la tollerabilità di rifaximina i pazienti sono stati assegnati a trattamento per 7 giorni con posologie crescenti di antibiotico: 600 mg/die (gruppo A), 800 mg/die (gruppo B), 1200 mg/die (gruppo C). A distanza di un mese dal termine del trattamento tutti i pazienti sono stati sottoposti all’H2 breath test, che si è normalizzato nel 16.7% nel gruppo A, nel 26.7% nel gruppo B e nel 60% nel gruppo C (figura 1).
Gli effetti collaterali, risultati praticamente nulli, erano sovrapponibili nei tre gruppi.
In un altro studio, Lauritano et al hanno confrontato la capacità di eradicazione batterica di diversi schemi terapeutici.
Sono stati arruolati 80 pazienti che presentavano contemporaneamente una sindrome da intestino irritabile e SIBO e quindi suddivisi in 4 gruppi di trattamento: rifaximina 1200 g/die (gruppo 1), metronidazolo 750 mg/die (gruppo 2), levofloxacina 500 mg/die (gruppo 3) e levofloxacina 500 mg/die più metronidazolo 750 mg/die (gruppo 4).
La normalizzazione dell’H2 breath test (eseguito 1 mese dopo il termine della terapia) è stata registrata nel 60% del gruppo 1 e 3, nel 39% del gruppo 2 e 70% nel gruppo 4 (figura 2). L’elevato tasso di eradicazione di rifaximina ne fa una scelta opportuna in molte condizioni, anche per l’alto profilo di sicurezza dovuto all’assorbimento sistemico pressoché nullo (0.4%).