M.D.
numero 14, 20 aprile 2005
Rassegna
Le patologie benigne e maligne della mammella
di Gian Paolo Andreoletti - Medico di medicina generale, specialista
in oncologia, Vertova (BG), direttore editoriale di www.senology.it
Panoramica sulla sintomatologia, gli strumenti diagnostici
e la terapia medica e chirurgica delle diverse patologie della
mammella
1. Le cisti mammarie, i fibroadenomi e
la mastopatia fibrocistica predispongono ai tumori della mammella?
Le
cisti mammarie, i fibroadenomi e la mastopatia fibrocistica
rappresentano comuni malattie benigne della mammella, normalmente
prive di tendenza a degenerare in senso maligno.
La presenza in una paziente di tali alterazioni non deve perciò
ingenerare ingiustificati allarmismi, ma semplicemente stimolare
a un più frequente controllo medico senologico, al fine
di valutare periodicamente le mammelle, che in questi casi risultano
di più difficile e complessa valutazione.
2. I fibroadenomi vanno sempre asportati?
I fibroadenomi non hanno tendenza a degenerare in senso maligno.
Per tale motivo non è necessario asportare sistematicamente
tutti i fibroadenomi, in particolare in presenza di fibroadenomi
multipli.
La tendenza attuale è perciò quella di porre indicazione
allintervento solo in caso di dubbio diagnostico o di
fibroadenomi a rapido accrescimento e/o di dimensioni tali (superiori
a tre-quattro centimetri) da determinare problemi psicologici
o estetici nelle pazienti.
3. In caso di mastite acuta durante lallattamento, la
lattazione va interrotta?
Non è necessario interrompere lallattamento al
seno del neonato in caso di mastite acuta. I batteri secreti
con il latte non costituiscono infatti un pericolo per la salute
del piccolo e, daltra parte, linterruzione della
lattazione provoca un peggioramento del ristagno di latte, con
ulteriore stimolo infiammatorio della mammella. La paziente
deve quindi essere incoraggiata a proseguire lallattamento.
Eventualmente, in alternativa, la nutrizione al seno del neonato
può continuare con la mammella sana, avendo cura di svuotare
manualmente la mammella malata.
4. Il dolore mammario è un sintomo allarmante?
Il dolore alla mammella (mastodinia o mastalgia) è il
sintomo mammario di più frequente riscontro nella popolazione
femminile dalla pubertà alla menopausa. Di regola il
dolore alla mammella non è un sintomo preoccupante e
ha per lo più un significato benigno. Specialmente nelle
pazienti giovani, il riscontro di un dolore mammario ciclico,
unilaterale o bilaterale, che si accentua in prossimità
del ciclo mestruale, ma che può persistere in vari gradi
per tutto il mese, non deve assolutamente allarmare e non è
meritevole di particolari accertamenti diagnostici.
Con più cautela deve invece essere considerato un dolore
mammario localizzato, fisso e persistente in una donna in postmenopausa.
In una pur piccola percentuale di casi, infatti, il dolore mammario
può essere il primo sintomo di un piccolo carcinoma in
fase iniziale (e quindi a prognosi comunque buona).
In questi casi si impone perciò lesecuzione di
una mammografia.
5. Quando devono allarmare le secrezioni dal capezzolo?
Le secrezioni mammarie bilaterali, pluriorifiziali (cioè
che escono da più sbocchi dei dotti galattofori nei capezzoli),
di colore lattescente o giallo-bruno-verdastro sono legate a
patologie benigne e non devono preoccupare la paziente. Meritevoli
di ulteriori accertamenti (esame citologico, ecografia, mammografia)
sono invece le secrezioni ematiche o sieroematiche (le secrezioni
cioè sporche di sangue), specialmente se
monolaterali e mono-orifiziali (che cioè escono dallo
sbocco di un unico dotto galattoforo in un capezzolo). Pur essendo
infatti spesso legate a malattie benigne (come i papillomi intraduttali),
sono a volte associate anche alla presenza di un carcinoma della
mammella.
6. Il tumore della mammella è una malattiano familiare?
Senza dubbio esiste una predisposizione familiare a sviluppare
un carcinoma mammario. Si calcola che i familiari di primo grado
delle pazienti affette da neoplasia della mammella abbiano un
rischio doppio di sviluppare un tumore mammario rispetto a chi
non ha familiari colpiti dalla malattia.
Esistono addirittura forme di carcinoma mammario (fortunatamente
rare: 5% dei casi) a carattere praticamente ereditario: si tratta
in genere di tumori che insorgono in età giovanile e
sono spesso bilaterali. Nelle famiglie interessate da questi
tumori vengono trasmessi alla discendenza geni alterati (chiamati
gene BRCA1 e BRCA2), che determinano un rischio estremamente
elevato (80%) di sviluppare nel corso della vita un carcinoma
mammario, spesso, come detto, in età giovanile.
7. Nella diagnosi della malattie mammarie è più
utile la mammografia o lecografia?
La mammografia e lecografia mammaria vanno considerate,
nella donna sintomatica (cioè con una tumefazione mammaria),
due indagini diagnostiche non alternative ma complementari.
Di fronte a un nodulo sospetto, qualunque sia letà
della paziente, solo la combinazione delle informazioni derivanti
dai due esami consente al medico di formulare una diagnosi corretta.
Occorre però dire che, nella donna giovane, data la rarità
del tumore mammario a questa età, di fronte a un nodulo
che non presenti alla visita del medico caratteri di sospetto
per una neoplasia maligna, ci si può limitare allesecuzione
della sola ecografia.
Lecografia non è in ogni caso idonea come esame
di screening nella donna asintomatica: non è cioè
corretto sostituire il controllo biennale mammografico dopo
i 40 anni con un controllo ecografico.
8. Le donne sottoposte a chemioterapia possono ancora avere
gravidanze?
Nelle pazienti giovani sottoposte a chemioterapia per carcinoma
mammario il blocco delle mestruazioni (amenorrea) è reversibile,
per cui le donne tornano dopo alcuni mesi ad avere mestruazioni
regolari, potendo quindi concepire un figlio.
Attualmente si consiglia di attendere un periodo di cinque anni
dalla fine del trattamento prima di intraprendere una gravidanza.
Questo in considerazione del fatto che nei primi anni dopo la
terapia le ricadute della malattia sono più frequenti.
Dagli studi fino ad oggi condotti sembra di poter concludere
che i bambini nati da pazienti trattate con chirurgia, chemioterapia
e radioterapia per carcinoma mammario non presentano incidenza
di malformazioni superiore rispetto alla popolazione generale.
9. A quali controlli occorre sottoporsi dopo il trattamento
per una neoplasia mammaria?
Le pazienti sottoposte ad intervento chirurgico e trattamento
radio/chemio/ormonoterapico per carcinoma della mammella devono
sottoporsi, per il resto della loro vita, ogni sei mesi ad un
esame senologico e ogni anno a una mammografia, al fine di evidenziare
il più precocemente possibile eventuali ricadute locali
della malattia o la comparsa di neoplasie alla mammella controlaterale.
Sullutilità di aggiungere a questi controlli periodici
la ricerca nel sangue di alcune sostanze (marker) tumorali,
come il CEA o il CA 15.3, oppure la radiografia del torace,
la scintigrafia ossea o lecografia epatica, non esiste
ancora accordo nella comunità scientifica.
10. In caso di ricadute locali (cioè
alla mammella residua in caso di quadrantectomia, alla parete
toracica o alla ascella) della malattia neoplastica, cosa occorre
fare?
In caso di ricaduta tumorale locale a livello dellascella
o della porzione di mammella residuata allintervento conservativo
di quadrantectomia si ricorre in genere a un nuovo intervento
chirurgico di asportazione della massa tumorale, insieme con
la porzione di mammella rimasta.
Negli altri casi (per esempio ricadute in corrispondenza della
parete toracica) si utilizza invece generalmente la radioterapia.
11. Nelle donne in età molto avanzata, quale è
il trattamento corretto per un tumore mammario?
Poiché il tumore mammario nella paziente anziana è
una neoplasia ad andamento spesso molto lento, per cui la morte
in molti casi sopravviene per cause indipendenti dalla malattia
tumorale, nelle pazienti con età maggiore di 80 anni,
in particolare se in precarie condizioni generali, si può
decidere di limitare la terapia antineoplastica al semplice
trattamento chirurgico (più o meno esteso a seconda dei
casi e delle situazioni: quando vi siano controindicazioni allanestesia
generale si pratica la semplice escissione del tumore in anestesia
locale, evitando la asportazione dei linfonodi ascellari), seguito
da una terapia per 5 anni con una compressa giornaliera di tamoxifene.
Si preferisce spesso non ricorrere alla radioterapia e alla
chemioterapiano, per evitare gli effetti collaterali e i disagi
invariabilmente connessi con questi trattamenti.
12. Quale è la terapia del tumore della mammella nel
sesso maschile?
La terapia del carcinoma mammario maschile non si discosta da
quella praticata in caso di neoplasia mammaria femminile. Il
trattamento prevede lasportazione totale della ghiandola
mammaria, con la cute soprastante e il complesso areola-capezzolo
(mastectomia totale), e di tutti i linfonodi ascellari. Seguono
la chemioterapia (in caso di presenza di cellule tumorali ai
linfonodi dellascella), la radioterapia sulla parete toracica
(nei casi localmente avanzati) e la terapia ormonale con compresse
di tamoxifene (da assumere per cinque anni se il tumore risulta
sensibile al trattamento ormonale).