M.D. numero 14, 20 aprile 2005

Note stonate
Malpractice: i paradossi italiani

Le azioni legali intentate dai pazienti nei confronti dei medici, troppo facilmente accusati di malpractice, stanno diventando una piaga anche in Italia. Giustamente la professione sta reagendo con diverse iniziative, ultima delle quali la proposta per una norma di legge che renda obbligatorio l'arbitrato nelle controversie fra pazienti e medici (M.D. 2005; 11/12: 9).
Se la via delle proposte di legge ad hoc va senz'altro perseguita, ci sono però alcune considerazioni di più vasto respiro che devono essere fatte. Non sempre infatti all'origine di un'azione legale indebita vi è il paziente o solo il paziente. Per dimostrarlo, posso fare un esempio personale. D'abitudine trascorro le mie vacanze come medico di bordo per una nota compagnia di navigazione. Tempo fa mi è stato recapitato un invito a comparire presso gli uffici della Polizia Giudiziaria in Tribunale per essere interrogato in merito a una denuncia che una passeggera aveva fatto nei miei confronti. I colleghi meno esperti di queste cose sappiano che a questo genere di inviti ci si può anche presentare senza giacca e cravatta, ma si è obbligati a comparire accompagnati da un avvocato. Non chiedetemene il motivo: lo conosco benissimo, ma non posso dirlo perché non voglio tornare un'altra volta in Tribunale, questa volta accusato di vilipendio alle istituzioni.
Sorvoliamo sul comprensibile stato d'ansia generato da questo invito, sul tempo che ho dovuto perdere e sul relativo mancato guadagno, sull'onorario dell'avvocato (fortunatamente pagato dall'assicurazione) e giungiamo al punto.
Nell'invito a comparire era presente il mio nome, con tutti i particolari anagrafici assolutamente esatti, testimonianza del fatto che qualcuno si era dato la pena di andarli a recuperare da qualche parte. E alla precisione dei miei dati si accompagnava la perentorietà dell'accusa: non c'era scritto che “avrei procurato” lesioni personali gravi alla passeggera, ma che le “avevo procurate”. Indicativo e non condizionale, come in italiano corretto si usa per riferirsi a un fatto già acclarato e non ancora da giudicare. Ma pazienza: per fare il magistrato bisogna laurearsi in Legge e non in Lettere.
Esaurite le formalità, sono iniziate le domande, con lettura della denuncia presentata dalla passeggera. Mano mano che la descrizione dei fatti procedeva, mi sentivo sempre più sollevato: la signora non era stata curata male, era stata solo sfortunata (e male consigliata dal suo avvocato). Già non vedevo l'ora di andare al processo: sarei stato assolto e avrei chiesto alla signora i danni che lei chiedeva a me. Finalmente avrei potuto avere quella villa con giardino che sogno da una vita. Avrei sicuramente vinto. Il mio operato era stato assolutamente corretto, nessuno avrebbe potuto fare meglio di me... Di me? Ma, a dir la verità, non ricordavo per nulla quel caso. Come si chiama la signora? E quando sarebbe successo tutto questo? Quando?

Piccole distrazioni


Il sogno della villa con giardino svanì di colpo. Nei giorni indicati dalla signora, in cui si sarebbero svolti i fatti io ero già sbarcato. La signora era stata curata, male secondo lei, benissimo secondo me, dal collega che era salito a bordo dopo che io ero tornato a casa. Chiesi all'ispettore: “Ma perché la signora ha fatto il mio nome?”. L'ispettore mi guardò sorpreso: “La signora non ha fatto il suo nome. La denuncia è contro il medico di bordo, non c'è nessun nome”. “E allora da dove spunta fuori il nome?”. “Si è sbagliato il magistrato. Capita. Si sarà fatto dare dalla Compagnia l'elenco dei medici di bordo e avrà visto che quel mese il medico di bordo era Lei”.
“All'inizio del mese sì, ma al termine no. Non è mica obbligatorio imbarcare e sbarcare al cambio del mese”. “Purtroppo il magistrato queste cose non le sa”.
“Può darsi, ma avrebbe dovuto chiedere alla Compagnia chi era il medico in quei giorni, invece di farsi dare gli elenchi e lasciarsi guidare dalla sua cultura. Adesso che cosa faccio? Chiedo i danni al magistrato?”. “No. Non è previsto. Il magistrato non paga mai, nemmeno se sbaglia”.
Veniamo dunque alla morale: finché i magistrati continueranno a non rispondere dei loro errori, noi medici (come tutti gli altri cittadini, purtroppo) continueremo a pagare anche per gli errori dei magistrati. E va sottolineato che per errori non intendo solo gli errori madornali come quello descritto. Errore è anche quello del magistrato che manda avanti ogni e qualsiasi denuncia senza valutarne l'attendibilità e plausibilità.
Non si possono scomodare cittadini innocenti fino a prova contraria solo perché qualcuno ha avuto il buon tempo di denunciarli. Soprattutto nel caso della malpractice, prima di verificare se i fatti si sono svolti come descritto in denuncia, bisognerebbe verificare con i periti se, nell'ipotesi che i fatti fossero veri, il comportamento così come segnalato configura davvero gli estremi della negligenza, imprudenza o imperizia. Se così si facesse, probabilmente almeno la metà delle denunce non arriverebbe mai a intasare i nostri Tribunali.

Antonio Attanasio
Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)