M.D. numero 14, 20 aprile 2005

Focus on
Una boccata d'ossigeno per le Regioni
di Monica Di Sisto

Tra fabbisogno per le spese correnti e ripiani dei vecchi debiti le Regioni potranno contare su un fondo sanitario di oltre 90 miliardi di euro. Soltanto dopo aver incassato questa base di tranquillità i Governatori hanno accettato di dare il via libera alla convenzione per la medicina generale

Grazie all’avvenuta ripartizione del fondo sanitario, i Governatori delle Regioni potranno finalmente contare da subito sul 95% degli 88.195 miliardi che si prevede serviranno per la spesa sanitaria 2005, e su 1,4 miliardi che serviranno loro per coprire il disavanzo 2001-2003. Per il 5% che rimane da considerare - i 550 milioni che serviranno per coprire in parte i deficit degli Irccs e dei Policlinici, oltre ai 50 milioni che andranno invece all’ospedale «Bambino Gesù» di Roma - dovranno, invece, aspettare le verifiche sull’andamento di spesa, che si preannunciano particolarmente stringenti (tabella 1).
Sono, infatti, il piatto forte del nuovo patto di stabilità tra Stato e Regioni, che verrà ricordato come l’accordo “del 23 marzo” che integra, rendendolo più stringente, quello dell’8 agosto 2001. Fondi freschi in cambio di rigore: è il principio-guida che anima il riparto delle disponibilità economiche, ma anche la parte normativa che introduce nuovi strumenti tecnici e nuovi luoghi di coordinamento, oltre a una rilettura dei Piani nazionali della prevenzione e della formazione medica continua che spinge con decisione sull’acceleratore dell’appropriatezza. Confermati anche il tetto del 13% per la spesa farmaceutica territoriale e del 16% per la spesa complessiva, come il limite del 2% per la crescita complessiva delle voci dei costi di produzione, al netto dei costi del personale, rispetto ai dati relativi al quarto trimestre 2004.
“Malgrado le difficoltà della Finanza pubblica - ha spiegato infatti il sottosegretario all’Economia Giuseppe Vegas - lo Stato è riuscito a trovare 7 miliardi di euro in più rispetto al 2004 per chi ha maggiore bisogno di assistenza sanitaria. Proprio in quest’ottica, però, gli sprechi dovranno essere combattuti”. Ma i Governatori avrebbero voluto uno sforzo in più da parte del Governo, trovandosi ad affrontare nei prossimi mesi la copertura finanziaria di contratti e convenzioni che porta il “rosso” probabile per il 2005 a circa 4 miliardi. È vero: dal 2000 al 2005 i finanziamenti sono cresciuti in maniera decisiva, da 66.94 a 90.12 miliardi, 24 miliardi in più, con una crescita del 40% e un rapporto sul Pil che nel 2005 si attesterà al 6.3 per cento. Ma a fine anno i conti non sono mai tornati: il disavanzo totale è stato di quasi 17 miliardi, al netto delle manovre regionali. E con differenze sostanziali: secondo le prime stime del ministero dell’Economia Lombardia, Veneto, Puglia e Calabria per il 2004 dovrebbero constatare un bilancio in perdita.

Un nuovo sistema di informazione


L’accordo del 23 marzo per rendere efficiente il monitoraggio della spesa punta con decisione sul Nuovo Sistema Informativo Sanitario (Nsis), che viene istituito presso il Ministero della Salute e presso il quale affluiranno i dati individuali, “in grado di associare il codice fiscale del cittadino alle prestazioni sanitarie erogate, ai soggetti prescrittori e alle strutture erogatrici”. Il suo funzionamento verrà sorvegliato dalla mai nata Cabina di Regia, che, secondo l’accordo dell’8 agosto 2001, avrebbe dovuto indirizzare il sistema. Entro il 30 giugno 2005 la Cabina dovrà essere popolata e operativa grazie a un nuovo Accordo quadro, da sancirsi in Conferenza Stato-Regioni, tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e le Regioni e le Province autonome, che preveda un Comitato strategico di indirizzo paritetico Regioni-Ministeri, un Comitato tecnico permanente paritetico e una Segreteria tecnica unica. Sarà la Cabina a dover definire e capire come aggiornare continuamente i contenuti informativi del Nsis, in coerenza con le indicazioni del Piano Sanitario Nazionale e le esigenze di monitoraggio sanitario, tra le quali dovranno essere comprese quelle necessarie alla verifica degli standard qualitativi e quantitativi dei Livelli essenziali di assistenza. Le Regioni si sono impegnate ad adottare una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità, che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati in ciascuna azienda.

Cura dimagrante per gli ospedali

Entro il 30 settembre 2005 le Regioni dovranno mettere in campo provvedimenti che prevedano uno standard di posti letto ospedalieri accreditati, ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, non superiore a 4.5 posti letto per mille abitanti, comprensivi della riabilitazione e della lungo degenza postacuzie. Rispetto al limite fissato si ammettono variazioni, che in ogni caso non possono superare il 5% in più. Questo ambizioso standard dovrà essere garantito entro l’anno 2007, I provvedimenti da adottare per il raggiungimento di tale obiettivo devono prevedere esplicitamente il raggiungimento dello standard entro l’anno 2007, precisando gli obiettivi intermedi per gli anni 2005 e 2006, che saranno oggetto di verifica e condizione per ottenere i fondi aggiuntivi da parte del Governo. La razionalizzazione dei posti letto non potrà, tuttavia, rappresentare un salto nel buio per i pazienti: le Regioni dovranno assicurare adeguati programmi di assistenza domiciliare integrata, di assistenza residenziale e semiresidenziale extraospedaliera, anche perché nella definizione delle tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera, verrà stabilito un valore soglia di durata della degenza per i ricoveri ordinari nei reparti di lungo degenza, oltre il quale verrà applicata una significativa riduzione della tariffa giornaliera, fatta salva la garanzia della continuità dell’assistenza. (Tabella 2).



Si salvino i Lea


Le Regioni devono trasmettere al ministero della Salute ed al ministero dell’Economia e delle Finanze i provvedimenti con i quali sono stati adottati i Livelli essenziali di assistenza. Alla Cabina di Regia, invece, spetta di ricevere e tenere d’occhio i provvedimenti che hanno definito e assicurato, almeno sulla carta, il finanziamento dei livelli essenziali aggiuntivi regionali. Mentre assicurano i diritti essenziali dei cittadini, tuttavia, i Governatori non sono esentati dal garantire l’equilibrio economico-finanziario del servizio sanitario regionale nel suo complesso. Lo strumento principe è la programmazione regionale. Se i conti sballano, tutti ne devono rispondere, ma in prima battuta i direttori generali di tutte le aziende, dalle Asl, agli ospedali, ai Policlinici, agli Irccs che rischiano anche il posto. I direttori generali devono presentare per via informatica alla Regione, al Ministero dell’economia e delle finanze, al Ministero della salute, ogni tre mesi, una certificazione di accompagnamento del Conto Economico Trimestrale, coerente con gli obiettivi definiti. In caso di certificazione non positiva, i manager sono tenuti a presentare un piano di rientro, con blocco delle assunzioni e delle consulenze. Entro la fine dell’anno tutti i conti dovranno tornare, altrimenti la Regione potrà chiedere la loro testa. Per promuovere l’appropriatezza, però, i Governatori puntano sullo sviluppo e l’implementazione di percorsi diagnostici e terapeutici, sia per il livello di cura ospedaliero, che per quello territoriale, allo scopo di assicurare l’uso appropriato delle risorse sanitarie e garantire l’equilibrio della gestione.

Tranquillità con incognita


“Ci sarà un monitoraggio costante e attento dello Stato sulle Regioni. Chi sforerà le previsioni dell'accordo sarà affiancato dallo Stato, che come un fratello maggiore aiuterà la Regione a utilizzare meglio le risorse”. Questa la precisazione del ministro per gli Affari regionali, Enrico La Loggia all’indomani della firma dell’accordo.
Le Regioni, infatti, fino ad oggi hanno proceduto con grande disomogeneità al soccorso dei conti pubblici: sono tornati i ticket nelle Regioni guidate dal Centro-destra, mentre tutti i Governatori hanno cercato di far fruttare al meglio le addizionali, stringendo i cordoni della borsa rispetto alle esenzioni e dismettendo o “cartolarizzando” immobili e debiti come hanno fatto Lazio, Abruzzo, Molise, Umbria, Veneto, Sicilia, Campania. A livello locale c’è chi ha premiato i Mmg che li faceva risparmiare, chi ha inasprito i controlli su prescrizioni e farmaci, anche se questi ultimi sono stati per ben nove volte nell’ultimo anno sotto il mirino delle forbici del Governo. E non senza ragioni, se si pensa che, nonostante tutto, Regioni come Lazio, Sicilia, Campania, Puglia e Sardegna hanno causato da sole il 97% dello sfondamento della spesa farmaceutica nel 2004. “Le Regioni in questo quadro - ha assicurato il ministro della Salute Girolamo Sirchia - dovranno raggiungere standard in termini di qualità e di quantità, altrimenti non riceveranno risorse, ma se non li raggiungeranno sarà lo Stato ad affiancarsi a loro affinché possano adeguarsi più facilmente”. Federalismo sì, dunque, ma con qualche clausola di salvaguardia in più.