M.D.
numero 14, 20 aprile 2005
Clinica
Disturbi dellšumore nella fase puerperale
di Giovanni Filocamo - Medico di medicina generale, Milano,
Responsabile Dipartimento Neuroscienze AIMEF
A causa delle modificazioni biologiche, psicologiche e ambientali,
la gravidanza rappresenta un fattore di stress per la donna,
che alcune volte può esercitare uninfluenza destabilizzante
sullequilibrio psicologico individuale.
Il medico può individuare le pazienti a rischio, che
rispondono alla maternità con alterazioni dellumore,
ansia o disturbi psicotici
Per la donna la gravidanza rappresenta
un momento di gran valore emotivo, ma in ogni caso è
una fonte di stress, a causa delle profonde modificazioni ormonali,
biologiche e comportamentali correlate allo stato gravidico
e puerperale.
Con lespulsione della placenta vi è un rapido calo
degli steroidi placentari, le cui concentrazioni raggiungono
il loro livello più basso nei 3-7 giorni successivi al
parto e rimangono ridotte sino al ristabilimento della funzione
follicolare ovarica.
La concentrazione degli estrogeni e del progesterone è
oltre 200 volte più bassa alla fine della prima settimana
dopo il parto che nella tarda gravidanza.
Nella fase puerperale si osserva anche un incremento della prolattina,
ormone che ha funzione di stimolare la produzione della montata
lattea. Lesistenza di un legame prolattina e sintomi psichiatrici
deriva da ricerche effettuate su pazienti ricoverati in cliniche
endocrinologiche.
In questi studi i pazienti iperprolattinemici avevano un punteggio
significativamente più alto nelle scale della depressione,
ansia e ostilità rispetto a un gruppo di controllo attentamente
selezionato; la sintomatologia poi migliorava nettamente se
era soppressa la secrezione ormonale con bromocriptina.
Altre variazioni ormonali sono state segnalate, come una transitoria
disfunzione tiroidea nel post-partum (5.5-11.3%) che si può
manifestare sia come ipotiroidismo sia come ipertiroidismo.
È oggi ben nota la relazione fra disturbi tiroidei e
cambiamenti psicologici. I meccanismi biochimici che sottendono
la sintomatologia psichiatrica non sono completamente chiari:
i cambiamenti del tono dellumore sia in senso depressivo
sia maniacale sono stati in ogni modo collegati alleffetto
degli ormoni tiroidei sulla sensibilità dei recettori
noradrenergici.
Queste osservazioni suggeriscono che una disfunzione tiroidea
può essere rilevante dal punto di vista eziologico in
alcuni disturbi mentali puerperali come le psicosi e la depressione,
in cui sono stati segnalati sia un aumento sia una riduzione
dei livelli ematici di T3, T4, TSH e TRH.
z Quadri clinici caratteristici
La depressione post-partum si può presentare con una
prevalenza del 10-11%, mentre la prevalenza della maternity
blues o baby blues è particolarmente
elevata e oscilla nelle diverse casistiche dal 20% all80%
di tutte le donne che hanno partorito, con una media del 40-50%,
mentre la psicosi puerperale ha una prevalenza dello 0.1-0.2%.
Questultima si manifesta 2-3 giorni dopo il parto, con
deflessione dellumore, insonnia, irrequietezza e instabilità
dellumore. Si presenta nelle primipare con anamnesi positiva
per precedenti manifestazioni depressive. Solitamente è
secondaria a malattie psichiatriche precedenti come la schizofrenia
o il disturbo bipolare.
La maternity blues è un disturbo caratterizzato
da una sintomatologia che comprende: facilità al pianto
- che ne costituisce il sintomo centrale - astenia, orientamento
depressivo dellumore, ansia, irritabilità, cefalea,
diminuzione della capacità di concentrazione e difficoltà
nel pensiero concettuale, fino ad un leggero stato confusionale.
La sintomatologia è evidente in corrispondenza del 3°-4°
giorno dopo il parto e ha una durata di circa una settimana,
entro la quale si risolve completamente.
In alcuni casi però si può osservare una diversa
evoluzione, che comprende la presenza di una sintomatologia
più marcata e duratura che va oltre i quindici giorni.
È possibile evidenziare unevoluzione della sintomatologia
in un quadro depressivo vero e proprio, la rapida trasformazione
della "maternity blues nella psicosi puerperale.
Tenendo conto della elevata frequenza della sindrome della maternity
blues, si può considerare non tanto una malattia,
quanto piuttosto una reazione fisiologica, anche se la banalità
del quadro non deve portare a sottovalutazioni.
La presenza di una sintomatologia depressiva nellultimo
trimestre della gravidanza è spesso correlata a una grave
depressione puerperale. Linsorgenza della depressione
post-partum può essere brusca (evidente fin dalle prime
settimane del puerperio), o lenta (con sintomi subdoli, che
diventano di chiara interpretazione dopo 4-6 mesi), nella norma
si presenta entro quattro settimane dal parto. Le manifestazioni
cliniche sono piuttosto eterogenee, con cambiamenti del tono
dellumore non reattivi, disturbi del sonno (insonnia,
incubi, bruschi risvegli), disturbi dellappetito, ansia
e/o attacchi di panico, rapporti difficili con la propria immagine
corporea, disturbi del pensiero (pensieri negativi di malattia
o morte), comportamenti ossessivo-compulsivi, vampate di calore,
caduta di capelli, cefalea, vertigini, tachicardia, facile irritabilità
e ritiro sociale, stanchezza cronica con facile affaticabilità
oppure iperattività.
Per evitare errori diagnostici, la diagnosi va posta nei casi
in cui la descrizione di sintomi depressivi è fatta direttamente
da parte delle puerpere, se i sintomi compaiono esclusivamente
dopo il parto, se i sintomi sono inusuali nellesperienza
delle donne e a un livello inabilitante e se persistono per
più di due settimane.
Le manifestazioni post-partum possono più facilmente
presentarsi nelle pazienti con anamnesi positiva per pregressi
episodi di depressione, progressiva perdita dei costumi e dei
rituali che accompagnavano la transizione verso la maternità,
difficoltà nellassunzione del ruolo genitoriale,
conflittualità con il partner, difficoltà nella
gestione del neonato o squilibri ormonali. La storia di queste
pazienti è spesso caratterizzata da disaccordi matrimoniali,
da relazioni marcatamente conflittuali con il partner e/o con
la propria madre, eventi recenti di vita stressanti, gravidanza
indesiderata o illegittima, basse condizioni socio-economiche,
abbandono da parte del partner, alterazioni dello stato di salute
del neonato o malformazioni, disturbi dellumore legati
al periodo premestruale.
Spesso si tratta di donne molto giovani oppure in età
avanzata, caratterizzate da episodi in anamnesi di abusi sessuali,
complicanze ostetriche o tiroiditi autoimmuni durante la gestazione.
Le candidate al trattamento
Le pazienti che presentano sintomi riconducibili alla depressione
post-partum dovrebbero essere inizialmente indirizzate a terapie
non farmacologiche. Nei casi di sintomatologia particolarmente
grave, con alto rischio suicidario o compromissione della relazione
madre-figlio, è possibile iniziare una terapia farmacologica,
con la cautela di prevedere la sospensione dellallattamento
al seno del bimbo, concordandola eventualmente con il neonatologo
o con il pediatra.
Si può attuare un trattamento con antidepressivi triciclici,
indicati per il controllo della sintomatologia vegetativa che
accompagna gli episodi depressivi. La terapia antidepressiva
deve essere considerata con attenzione: questi farmaci sono
tutti lipofili e possono essere rintracciati nel latte materno
in percentuali variabili. I farmaci, ben assorbiti nel tratto
gastroenterico del bambino, ne subiscono in seguito un metabolismo
epatico.
Gli SSRI sono considerati farmaci di prima scelta nel trattamento
di queste pazienti in quanto caratterizzati da un profilo di
efficacia, di tollerabilità e di sicurezza più
favorevole rispetto ad altre categorie farmacologiche.
Il Mmg, se possibile, deve monitorizzare le gestanti e chiedere
il supporto dello psichiatra nei casi dubbi.
In alcune aree i Dipartimenti di salute mentale stanno organizzando
servizi di psichiatria di consultazione, che hanno la finalità
di favorire laccesso a queste consulenze e migliorarne
il riconoscimento e il successivo trattamento di questi disturbi.